Nel caso di gare aggiudicate con il criterio del prezzo più basso, l’amministrazione aggiudicatrice può valutare positivamente l’offerta anche in caso di mancata indicazione di più di un sovraprezzo.Lo ha stabilito la Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria con la sentenza 7 febbraio 2018, n. 338 con la quale ha rigettato il ricorso presentato per l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara a un concorrente che avrebbe formulato un’offerta economica in violazione della lex specialis di gara. Il ricorrente ha denunciato che la commissione valutatrice avrebbe indebitamente provveduto a correggere gli errori di calcolo commessi dai concorrenti nella redazione dell’offerta.Il TAR ha chiarito che, se previsto dal bando e dal disciplinare, la commissione di gara può provvedere a correggere gli errori di calcolo e, su quella rettifica, determinare le procedure di calcolo delle soglie di anomalia senza porsi in contrasto con i principi di evidenza pubblica.Nel ricorso è stato evidenziato che l’art. 6 del disciplinare di gara ha previsto l’utilizzo di un modello predisposto dall’amministrazione per la presentazione dell’offerta economica. In particolare, tale modello è composto da 7 colonne:
Nell’offerta risultata vincitrice non risulterebbe alcuna indicazione nelle colonne 5, 6 e 7 per due lavorazioni con la conseguenza che avrebbe dovuta essere esclusa dall’aggiudicazione. La giurisprudenza, infatti, afferma che se nell’offerta manca l’indicazione di più di un prezzo, essa non è valida. Se è vero, infatti, che l’omissione di una voce può essere tale da comunque consentire – in sede di esame dell’offerta – la ricostruzione senza margini di opinabilità della volontà dell’offerente, mediante il raffronto fra la somma dei prezzi unitari ed il prezzo globale, non è vero che una tale operazione matematica non può essere utile dove vi siano da ricostruire più voci, riguardo alle quali spetta soltanto all’offerente graduare quanto richiedere in relazione a ciascuna, trattandosi di valutazioni espressive di scelte tecniche ed economiche sue proprie, insurrogabili dall’ufficio. Di conseguenza, più omissioni riscontrate in sede di gara hanno carattere essenziale e irrimediabile d’ufficio, per il suo importo e per l’obiettiva incertezza che provoca in ordine all’effettivo contenuto delle voci dell’offerta presentata dall’appellante.Ha chiarito il Tar che, nel caso in cui l’offerente ometta di compilare più di una voce relativa al sovrapprezzo dei beni forniti, non possa trovare riscontro l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, se nell’offerta manca l’indicazione di più di un prezzo, essa non è valida. Se, di norma, non è possibile ricostruire la volontà dell’offerente quando si ravvisi la mancanza di più voci di costo, riguardo alle quali spetta soltanto a quest’ultimo graduare quanto richiedere in relazione a ciascuna, trattandosi di valutazioni espressive di scelte tecniche ed economiche sue proprie, insurrogabili dall’ufficio, è altrettanto vero che, nel caso in cui manchi l’indicazione del solo sovrapprezzo, l’offerente abbia voluto ragionevolmente presentare un’offerta escludendone l’applicazione. Tali omissioni, pertanto, non determinano alcuna incertezza nell’identificazione dell’offerta economica della società concorrente, potendosi agevolmente e ragionevolmente inferire che essa ha escluso l’applicazione di un sovrapprezzo nella fornitura.I giudici del Tar hanno, inoltre, affermato che la clausola del disciplinare di gara secondo cui il soggetto che presiede la gara possa provvedere a correggere gli errori di calcolo e, su quella rettifica, determinare le procedure di calcolo delle soglie di anomalia non si pone in contrasto con i principi di evidenza pubblica. In tali casi, infatti, l’amministrazione non sostituisce l’offerta formulata dai singoli concorrenti, ma si limita a correggere gli errori di calcolo riscontrati.Ultima tesi del Tar riguarda il principio consolidato per cui le offerte di gara, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate alla ricerca dell’effettiva volontà del dichiarante, con la conseguenza che tale attività interpretativa può consistere anche nella individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione e di calcolo e a condizione che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente, che non sono ammesse.
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