Subappalto – Valutazione dell’offerta – Criterio premiante la minor quota percentuale subappaltata – Legittimità (art. 83 , 105 d.lgs. n. 50/2016)

1) E’ manifestamente infondato il motivo con cui si lamenta che il criterio che premia la minor quota di subappalto, rispetto a quella massima legalmente ammessa, comporterebbe una commistione illegittima tra criteri di ammissione alla gara e criteri di valutazione della offerta tecnica.
Di commistione tra elementi rilevanti per la partecipazione alla gara ed elementi determinanti ai fini della valutazione della offerta tecnica si può parlare solo allorquando l’elemento che viene valorizzato come requisito di partecipazione venga allo stesso tempo valorizzato ai fini della attribuzione di un punteggio specifico nella fase di valutazione della offerta tecnica: il che accade ad esempio quando per la partecipazione alla gara si richieda all’operatore economico di possedere un certo numero di automezzi e poi il possesso di quegli stessi automezzi (e non di quelli in maggior numero eventualmente messi a disposizione dell’appaltatore) sia cagione di attribuzione di un punteggio tecnico. Nel caso di specie, venendo in considerazione un criterio che valorizza, in sede di valutazione della offerta tecnica, il minor ricorso o il mancato ricorso al subappalto, si sarebbe potuta evidenziare una commistione con i requisiti di partecipazione solo ove tra questi la Stazione Appaltante avesse indicato la capacità di eseguire direttamente tutto l’appalto, ma così non é.2) E’ infondato il motivo con cui si deduce che la clausola che valorizza il minor ricorso al subappalto sarebbe discriminatoria e limitativa della concorrenza in quanto di fatto impedirebbe a numerosi operatori, che non sono in possesso dei requisiti oggetto di gara o che comunque ritengono di non poter eseguire direttamente tutto l’appalto, di partecipare alla gara.2.1. La censura per quanto suggestiva è, ad avviso del Collegio infondata, tenuto conto del fatto che qualunque impresa avrebbe potuto concorrere in raggruppamento temporaneo con altre imprese ovvero ricorrere all’avvalimento, istituti, questi, che garantiscono entrambi la più ampia partecipazione alla gara.2.2. Il subappalto è un istituto che prima di tutto consente all’appaltatore di delegare a terzi la esecuzione di una parte dell’appalto e quindi, in sostanza, di non doversi organizzare per eseguire direttamente tutto l’appalto: è ben vero che esso può essere funzionale anche alla dimostrazione dei requisiti e che in tal senso l’avvalimento può avvenire anche mediante ricorso al subappalto; ma non si può sottacere che la sua causa è, in origine, quella di realizzare una parziale cessione del contratto d’appalto. Nella materia degli appalti pubblici la disciplina del subappalto differisce significativamente da quella dell’avvalimento o del raggruppamento di imprese, in quanto non comporta assunzione diretta di responsabilità del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante, a conferma del fatto che esso realizza piuttosto una modalità di organizzazione interna del lavoro, che normalmente ha anche un determinato vantaggio per l’appaltatore.2.3. Ciò premesso e ricordato non si può ragionevolmente affermare che una clausola come quella in contestazione, che indubbiamente scoraggia il ricorso al subappalto, sia idonea a precludere la partecipazione alla gara delle imprese che non posseggano tutti i requisiti o che non siano organizzate in maniera tale da raggiungere l’intero territorio da servire: che si tratti di comprovare il possesso dei requisiti ovvero di implementare nel giro di poco tempo una organizzazione più ampia, in ragione della estensione del territorio da servire, ovvero della lontananza della impresa dal luogo di esecuzione del contratto, il problema può essere risolto da una piccola o media impresa mediante ricorso all’avvalimento o al raggruppamento di imprese. La clausola non è dunque affatto di per sé preclusiva della partecipazione alla gara.2.4. Vero è peraltro, che il subappalto presenta interesse per gli operatori in quanto consente loro di partecipare ad una gara e rendersi aggiudicatari senza dover “spartire” il contratto ed i relativi compensi con le imprese che collaborano, con le quali non deve neppure costituire preventivamente una associazione ai fini della partecipazione alla gara e poi della esecuzione del contratto. Il subappalto, dunque, rappresenta per gli appaltatori uno strumento più agile della associazione o del raggruppamento temporaneo di imprese, che al tempo stesso consente di lucrare sulla parte del contratto affidata al subappaltatore, al quale spesso l’aggiudicatario-appaltatore riconosce un compenso inferiore a quello che la stazione appaltante gli corrisponde per le medesime prestazioni.2.5. La Corte di Giustizia della Unione Europea, nella sentenza resa sul ricorso C- 298/15 ha affermato che “è interesse dell’Unione che l’apertura di un bando di gara alla concorrenza sia la più ampia possibile, incluso per gli appalti che non sono disciplinati dalla direttiva 2004/17” e che “Il ricorso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo.”. Pertanto le disposizioni che scoraggiano il ricorso al subappalto, rendendo meno attraente la gara per gli operatori stranieri, devono considerarsi, in linea di principio, restrittive della libertà di stabilimento e della libertà di prestazione dei servizi. Tuttavia, prosegue la Corte, “una restrizione siffatta può essere giustificata qualora essa persegua un obiettivo legittimo di interesse pubblico e purché rispetti il principio di proporzionalità, vale a dire, sia idonea a garantire la realizzazione di tale obiettivo e non vada oltre quanto è necessario a tal fine.2.5.1. Nel precedente in esame la Corte di Giustizia della Unione Europea – con riferimento ad una norma che, in via generalizzata, vietava il subappalto per l’esecuzione delle opere “principali”, ha ancora rilevato che “ tale disposizione sarebbe stata adottata in particolare allo scopo di ostacolare una pratica esistente che consiste, per un offerente, nel far valere capacità professionali al solo fine di aggiudicarsi l’appalto di cui trattasi, con l’intento, non già di eseguire esso stesso i lavori, bensì di affidarne la maggior parte o la quasi totalità a subappaltatori, pratica che comprometteva la qualità degli stessi lavori e la loro corretta realizzazione. Dall’altro lato, nel limitare il ricorso al subappalto alle opere qualificate come «non principali», l’articolo 24, paragrafo 5, della legge relativa agli appalti pubblici mirerebbe a incoraggiare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici in qualità di co-offerenti nell’ambito di un gruppo di operatori economici anziché in quanto subappaltatori. Per quanto riguarda, in primo luogo, l’obiettivo attinente all’esecuzione corretta dei lavori, esso dev’essere considerato legittimo.”: nella specie, tuttavia, la Corte ha ritenuto che la norma nazionale sottoposta alla sua valutazione eccedesse “quanto necessario al fine di raggiungere tale obiettivo, in quanto vieta in modo generale un siffatto ricorso al subappalto per le opere qualificate come «principali» dall’ente aggiudicatore”. Quanto al fatto che la limitazione del ricorso al subappalto potesse incoraggiare le piccole e medie imprese a concorrere direttamente, la Corte ha affermato che non constava evidenza della necessità, a detto fine, di escludere sempre il subappalto per l’esecuzione delle opere principali.2.6. Tanto premesso, il Collegio rileva che nel presente giudizio viene in considerazione non già una norma nazionale che vieta o scoraggia in modo generalizzato il subappalto, trattandosi di previsione contenuta in un bando, che perciò si limita a disciplinare solo una specifica gara. Trattasi inoltre di norma che non vieta il subappalto ma incoraggia a ricorrervi il meno possibile, premiando con punteggio aggiuntivo le offerte delle imprese che appaltano la minor percentuale del servizio. Infine si tratta di previsione chiaramente dettata dall’intento di evitare le complicazioni che il subappalto ha creato nella prassi e di cui anche l’Unione Europea ha dovuto prendere atto.2.6.1. Sul punto si consideri che mentre la Direttiva 2004/17/CE dedicava al subappalto solo una breve norma, l’art. 37, e solo per affermare la possibilità per gli Stati membri di introdurre l’obbligo di dichiarare nella offerta le parti dell’appalto oggetto di subappalto nonché il nominativo del/i subappaltatore/i, nella Direttiva 2014/25/UE il subappalto è trattato nel lunghissimo “considerando” n. 110 e nell’ancor più prolisso art. 88, che contiene tutta una serie di previsioni volte, da una parte, a garantire l’osservanza di determinati requisiti ed obblighi da parte del subappaltatore, d’altra parte anche il diritto di questo a ricevere direttamente dalla stazione appaltante il compenso relativo alle prestazioni subappaltate; l’art. 88 della Direttiva prefigura espressamente anche la possibilità, per gli Stati, di estendere al subappaltatore la responsabilità diretta per l’esecuzione dell’appalto: il legislatore italiano, tuttavia, sino ad ora non ha recepito tale indicazione, forse per la ragione che proprio il fatto di non avere una responsabilità diretta a 360°, nei confronti della stazione appaltante, rende un operatore più disponibile a fungere da subappaltatore.2.7. Il più ampio spazio che il legislatore europeo ha riservato alla disciplina del subappalto nelle più recenti “direttive appalto”, rispetto alle direttive precedenti, conferma che si tratta di istituto per natura foriero di problematiche, verosimilmente per la ragione che nella prassi è stato non di rado utilizzato come strumento di sfruttamento delle piccole e medie imprese, con conseguente decadimento della qualità delle prestazioni. Non stupisce, quindi, che una stazione appaltante possa guardarvi con diffidenza. D’altro canto la valutazione della meritevolezza dell’interesse perseguito da una previsione di bando, come quella che qui viene in considerazione, e della proporzionalità di tale previsione rispetto allo scopo perseguito, non può prescindere dalla considerazione che, per come oggi è disciplinato in Italia il subappalto, la sua attrattività è legata, per i subappaltatori, alla mancanza di una responsabilità diretta nei confronti della stazione appaltante a fronte della possibilità di percepire direttamente i compensi, e dal lato dei contraenti principali al fatto di non volersi legare ad altri operatori, cui rendere conto, mediante una associazione o un raggruppamento temporaneo. Si vuol dire, cioè, che sono proprio gli aspetti meno “commendevoli” del subappalto a renderlo uno strumento “invitante”, e come tale idoneo ad ampliare la platea dei partecipanti alle gare per l’affidamento degli appalti pubblici.2.8. Tenuto conto di tutto quanto sopra esposto il Collegio è dell’opinione che la clausola della lex specialis che premia con un punteggio aggiuntivo l’offerta dell’operatore che subappalta la minor quota dell’appalto non può ritenersi discriminatoria né ingiustificatamente limitativa della libertà di stabilimento e della libera concorrenza, avendo essa lo scopo non di precludere bensì semplicemente di scoraggiare il ricorso ad una modalità di esecuzione dell’appalto, il subappalto, che per natura è idoneo a creare problemi che si riflettono sulla corretta esecuzione dell’appalto e sul rispetto di alcune norme a carattere imperativo (rispetto degli obblighi previdenziali per i dipendenti del subappaltatore; rispetto di norme a tutela dell’ambiente).

 

L’articolo Subappalto – Valutazione dell’offerta – Criterio premiante la minor quota percentuale subappaltata – Legittimità (art. 83 , 105 d.lgs. n. 50/2016) sembra essere il primo su Di. Sa. S.r.l..

Powered by WPeMatico

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *