Come ha già fatto il Tar Lombardia, anche il Consiglio di Stato dubita della compatibilità comunitaria dei limiti al subappalto, questa volta con riferimento alla previsione contenuta nel vecchio codice appalti, l’art. 118 del D.Lgs. 163/2006.Ad avviso del Consiglio di Stato, la previsione, contenuta nell’art. 118, commi 2 e 4, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, dei limiti generali dettati dai due commi dell’art. 118 in questione (contenenti rispettivamente un limite generale del 30 % per il subappalto, con riferimento all’importo complessivo del contratto, impedendo agli operatori economici di subappaltare a terzi una parte cospicua delle opere, pari al 70 %, nonché un limite del 20 % al ribasso da applicare ai subappaltatori), può rendere più difficoltoso l’accesso delle imprese, in particolar modo di quelle di piccole e medie dimensioni, agli appalti pubblici.In tal modo , ad avviso del Collegio, viene ostacolato l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi e precludendo, peraltro, agli stessi acquirenti pubblici l’opportunità di ricevere offerte più numerose e diversificate.Tale limite, non previsto dalla direttiva 2004/18, impone una restrizione alla facoltà di ricorrere al subappalto per una parte del contratto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe, in contrasto con gli obiettivi di apertura alla concorrenza e di favore per l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.Per tali motivi, il Collegio ha formulato la seguente questione:“se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), gli artt. 25 della Direttiva 2004/18 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e 71 della Direttiva 2014//24 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio eurounitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 118 commi 2 e 4 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del trenta per cento dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento”.Occorre ricordare che non tutta la giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere il subappalto uno strumento finalizzato alla massima partecipazione nelle gare di appalto.Il Tar Piemonte,per esempio, ha ritenuto legittimo favorire le imprese che non si avvalgono del subappalto, in ragione della natura problematica dello stesso, e del fatto che il subappalto non ha veramente la funzione di garantire la partecipazione alle gare delle piccole imprese, come invece l’avvalimento o la partecipazione in raggruppamento.
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