Mentre si stanno esaurendo i provvedimenti che erano già in dirittura d’arrivo con il precedente Governo (pubblicato, per ultimo il decreto sul dibattito pubblico) a differenza dal primo decreto correttivo di cui al d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56 che era stato predisposto dal Governo ed approvato dallo stesso con lo strumento del decreto legislativo già autorizzato con la legge 28 gennaio 2016,n. 11 (cosiddetta “legge delega”), tutte le modifiche che sarà necessario introdurre dovranno transitare nel normale percorso di un disegno di legge predisposto dal Governo e sottoposto al parere parlamentare o attraverso il possibile percorso di un decreto-legge predisposto sempre dal Governo che entra subito in vigore e, quindi, di immediata efficacia ma che dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.Non essendo ipotizzabile che un disegno di legge possa essere approvato dal Parlamento in tempi tecnici ragionevoli, è presumibile che il Governo opterà per un decreto-legge che dovrebbe essere predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.E che il problema del Codice dei contratti sia uno dei problemi principali dell’attuale Governo è intuibile, tra l’altro, dal discorso tenuto lo scorso 5 giugno (è passato quasi un mese) dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in occasione della discussione al Senato per il voto di fiducia al nuovo Governo; a giudizio del Presidente del Consiglio occorre “ridare slancio agli appalti pubblici, che sono e possono diventare una leva fondamentale della politica economica del Paese. Negli ultimi anni c’è una stasi totale, determinata per buona parte anche dalle incertezze interpretative e da talune rigidità, purtroppo collegate anche al nuovo codice dei contratti pubblici. Noi vogliamo la legalità, ma dobbiamo superare il formalismo fine a sé stesso che ancora domina questa disciplina, poiché la forma non può essere scambiata per legalità. Troppo spesso – chi ne ha esperienza lo sa – gare formalmente perfette nascondono corruzione e non impediscono la cattiva esecuzione. Dobbiamo assicurare il rispetto rigoroso dei tempi di consegna delle opere, ma anche la qualità dei lavori e delle forniture e l’efficienza dei servizi”.Ma è bene che dopo le dichiarazioni si passi, con solerzia, ai fatti in quanto non è pensabile che gli ulteriori provvedimenti attuativi del Codice subiscano un’ulteriore stasi dovuta all’incertezza di cosa fare. Che il Codice dei contratti, in atto, sia monco è sotto gli occhi di tutti sia perché mancano all’appello oltre il 50% dei provvedimenti attuativi sia perché, di fatto, non sono stati ancora definiti quelli relativi alle novità più sostanziali sia perché su quelli già adottati soffiano forti venti contrari rilevabili dalle dichiarazioni di quasi tutti gli operatori del settore.Occorre che non si ripeta l’errore fatto con il previgente Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 163/2006. Dopo dieci anni di attuazione del precedente Codice dei contratti (d.lgs. n. 163/2006), nel 2016 eravamo arrivati ad una normativa quasi stabile che, in verità, nei dieci anni aveva scontato un’instabilità dovuta a centinaia di interventi di modifica che si erano succeduti; oggi occorre capire che non è opportuno un nuovo salto nel buio ed è necessario ripartire dal nuovo Codice dei contratti comprendendo, anche, che più che inserire nuove norme, occorre semplificare perché l’eccessiva regolamentazione, tra l’altro non richiesta dagli standard comunitari, ha reso iperstatico il sistema degli appalti agevolando, in alcuni casi, illegalità ed inefficienza ammnistrativa.Sono necessarie, dunque, stabilità e semplificazione e la stabilità può essere ritrovata facendo in modo che dopo l’ulteriore correttivo che predisporrà l’attuale Governo, eventuali ulteriori modifiche, eventualmente necessarie, vengano introdotte non a spizzichi e bocconi (come si è verificato nel previgente Codice dei contratti) ma con cadenza annuale in leggi ad hoc e non con provvedimenti sparpagliati in leggi di varia natura.Per la semplificazione occorre, come per altro richiesto da quasi tutti gli operatori del settore, ritornare ad un unico regolamento obbligatorio per tutti e che potrebbe essere ricostruito sulla base del previgente Regolamento n. 207/2010 tenendo conto di tutti i provvedimenti dell’ANAC già in vigore ma occorre, anche, chiedersi se l’attuale codice sia rispettoso del primo dei principi e criteri direttivi specifici indicati nella citata legge delega che è quello del “divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive”. A noi sembra di no (si veda, ad esempio, il problema del subappalto e quello del criterio di aggiudicazione dell’OEPV su progetto esecutivo).Ma andando avanti in una rilettura della citata legge delega tra i primi principi leggiamo dalla lettera b) alla lettera g), sempre tra i principi e criteri direttivi specifici:
Tra l’altro che sia necessaria una rivisitazione del Codice è sotto gli occhi di tutti, anche, a causa dei vari interventi sostitutivi del giudice amministrativo, con cui i Tar ed il Consiglio di Stato hanno cercato di procedere ad una regolamentazione del nuovo Codice dei contratti, dando l’avvio, così a quella necessaria attività di sedimentazione delle norme, con interpretazioni condivise tra le varie corti e una rilevante applicazione del principio del sistema del cosiddetto “diritto comune” in riferimento al quale il giudice si conforma alla decisione adottata in una precedente sentenza, nel caso in cui il caso portato al suo esame sia identica a quella già trattata nel caso in essa deciso.
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