Il chiarimento del C.G.A. (C.G.A, 25 giugno 2018, n.368) sul rapporto tra un utile di impresa estremamente basso e la congruità dell’offerta economica: un utile esiguo di per sé solo non equivale a determinare l’anomalia dell’offerta, sebbene costituisca un indice sintomatico e debba quindi indurre l’amministrazione procedente ad una verifica accurata dell’equilibrio complessivo dell’offerta.Veniva contestata l’aggiudicazione in favore di un raggruppamento, contestandone la congruità dell’offerta economica, alla luce dalla esiguità dell’utile d’impresa annuo, calcolato in misura pari ad euro 6.983, corrispondente allo 0,379%: secondo i ricorrenti si trattava di un utile talmente esiguo da rendere l’aggiudicatario incapace di di far fronte a seppur minime variazioni in corso di esecuzione.In effetti il TAR, in primo grado, ha accolto il ricorso in ragione del fatto che, a fronte di un utile di impresa esiguo, l’impresa sottoposta a verifica non avesse offerto sufficienti, ovvero sufficientemente determinate, giustificazioni in ordine ad una serie di costi e di spese.Il Consiglio di Stato premette alla sua decisione che è dibattuta la questione se, ai fini della serietà dell’offerta, sia necessario indicare un utile comunque apprezzabile, tale da scongiurare il rischio di appalti eseguiti in perdita.Da questo punto di vista, un utile esiguo di per sé solo non equivale a determinare l’anomalia dell’offerta, sebbene costituisca un indice sintomatico e debba quindi indurre l’amministrazione procedente ad una verifica accurata dell’equilibrio complessivo dell’offerta (v., per tutte, Cons. St., V, n. 3805/2014).A questo punto diventa essenziale verificare l’adeguatezza delle giustificazioni, che, anche secondo il Consiglio di Stato, risulta carente. Ne consegue che il giudizio di anomalia doveva portare alla non aggiudicazione all’impresa con utili eccessivamente ridotti.
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