La pubblicità dei bandi di gara sui quotidiani deve essere un onere della Pubblica Amministrazione, non di chi vince. Lo ha affermato Gabriele Scicolone, presidente dell’Oice, l’Associazione delle società di ingegneria e di architettura aderente a Confindustria.Scicolone è intervenuto sulle polemiche tra la Federazione degli editori e il Sottosegretario all’editoria, il Senatore Vito Crimi, in merito all’obbligo di pubblicazione dei bandi sui giornali.Nei giorni scorsi il sottosegretario Crimi ha affermato che,eliminando l’obbligo di pubblicare gli avvisi di gara sui quotidiani cartacei, professionisti e imprese risparmierebbero 40 milioni di euro, che oggi rappresentano un finanziamento indiretto ai giornali.Le regole sulla pubblicazione dei bandi di gara contenute nel DM 2 dicembre 2016, attuativo del Codice Appalti ( D.lgs. 50/2016), prevedono che le spese per la pubblicazione siano sostenute dalla Stazione Appaltante e poi rimborsate dall’aggiudicatario entro 60 giorni dall’aggiudicazione.Per le gare di importo superiore a 500mila euro fino alle soglie comunitarie, la pubblicazione deve avvenire non solo sulla piattaforma online dell’Anac, ma anche per estratto su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno a maggiore diffusione locale nel luogo in cui si eseguono i contratti. Per importi superiori alle soglie comunitarie, la pubblicazione avviene, per estratto, su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale.“Non è tanto se sia o meno opportuno l’obbligo di pubblicazione dei bandi sui giornali ad indignare da anni l’OICE – ha scritto Scicolone in una nota – quanto il fatto che le spese di pubblicazione, anche con l’ultimo decreto del MIT, debbano ricadere sugli aggiudicatari delle gare e per giunta, perentoriamente, entro 60 giorni dall’aggiudicazione della gara. Non si capisce perché tale onere debba essere richiesto agli operatori economici che versano le tasse per il funzionamento della macchina pubblica.”“È incomprensibile il motivo – soltanto in Italia – per cui questa spesa, che deve essere a carico di chi bandisce la gara, come ogni altro onere di preparazione della gara, deve poi essere ignominiosamente rimborsata dall’aggiudicatario. Tra l’altro, almeno nel settore dei servizi di ingegneria e architettura, entro 60 giorni dall’aggiudicazione di una gara l’aggiudicatario, spessissimo, non ha neanche iniziato le attività e quindi la fatturazione. Il risultato è che il progettista si trova a pagare “a sbalzo” dei soldi per la sola ragione di aver vinto una gara, senza avere incassato – come si diceva una volta – una lira! Abbiamo qualche caso in cui la stazione appaltante ammette anche un pagamento per stati di avanzamento dei lavori, ma si tratta di eccezioni.”“Occorre infine considerare – ha concluso Scicolone – che spesso, e specialmente per i bandi più piccoli, l’onere del rimborso è di qualche punto percentuale dell’appalto, ossia quasi – di questi tempi – pari all’utile di impresa di chi ha vinto la gara. Come a dire: chi vince la gara, deve riversare il proprio utile a coprire delle spese della stazione appaltante ed anche in anticipo rispetto a quando maturerà tale utile! Se non è vessazione questa! In definitiva la questione non dovrebbe essere se sia giusto pubblicare i bandi sui giornali, quanto il perché debba essere il vincitore dell’appalto a sostenerne l’onere del costo”.
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