Non si possono porre limiti ai ribassi d’asta nelle gare da aggiudicare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Lo ha affermato l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) in un parere di precontenzioso su un appalto di progettazione. L’Anac ha spiegato che il tetto al massimo ribasso era stato fissato per garantire che il prezzo proposto fosse sufficiente a sostenere il costo del lavoro e che la prestazione fosse qualitativamente adeguata.L’Anticorruzione ha ricordato però che questa garanzia è già è presente nell’articolo 97 del Codice Appalti (D.lgs. 50/2016), che dà alle Stazioni Appaltanti la possibilità di escludere dalle gare le offerte risultate anormalmente basse.Allineandosi a quanto già espresso più volte dal Consiglio di Stato, l’Anac ha affermato che, nonostante le buone intenzioni, i limiti ai ribassi compromettono la concorrenza e pongono un limite ai concorrenti di formulare la proposta economica sulla base delle proprie capacità organizzative e imprenditoriali.Un basso costo del lavoro può anche essere un indicatore dell’efficienza organizzativa dell’operatore economico e non necessariamente nascondere il mancato rispetto delle norme sul lavoro. D’altro canto, ha aggiunto l’Anac, “nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci”.Nel caso esaminato, un architetto, mandatario del raggruppamento temporaneo di professionisti risultato secondo classificato nella gara di progettazione, ha denunciato “una violazione dei principi di ragionevolezza e di coerenza in merito alla legittimità delle scelte operate dalla commissione di gara, nonché del RUP, i quali non hanno adeguatamente verificato l’anomalia del ribasso e dei costi di sicurezza aziendali offerti dal raggruppamento vincitore”.A suo avviso, l’aggiudicatario aveva alterato per difetto gli orari di lavoro potenzialmente necessari per svolgere gli incarichi derivanti dall’affidamento del contratto, garantito la disponibilità di una sede operativa nel Comune in cui dovevano essere eseguite le opere e assicurato la gestione simultanea di più cantieri. Elementi che avrebbero dovuto far aumentare anziché diminuire i costi del lavoro.L’Anac ha spostato l’attenzione dall’offerta al bando, che prevedeva un tetto del 50% al ribasso dell’offerta economica per sostenere il costo del lavoro.L’Anticorruzione ha bocciato questo tentativo considerandolo “un’inammissibile limite alla libertà degli operatori economici”.“Laddove – si legge nel parere dell’Anac – la Stazione appaltante stabilisca già nella legge di gara una percentuale massima di ribasso consentita, finisce non solo per annullare la concorrenza sull’elemento prezzo, ma anche per anticipare di fatto, ancorché indirettamente, la valutazione in ordine alla congruità dell’offerta”. In questo modo, la valutazione diventerebbe solo una formalità.La clausola del bando è stata quindi giudicata illegittima.
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