Il Tar Emilia-Romagna chiarisce il rapporto esistente tra diritto di accesso civico generalizzato e il diritto di accesso agli atti negli appalti pubblici ( Tar Emlia- Romagna – Parma, sez. I, 18 luglio 2018,n. 197). Si trattava di valutare la legittimità del diniego di accesso da parte di un’amministrazione, che ha respinto la richiesta di accesso presentata ai sensi dell’art. 5, comma 2 del d.lgs. n. 33/2013, avente ad oggetto la documentazione di una gara nella sua interezza, il contratto stipulato e diversi documenti relativi alla esecuzione del medesimo.Nel merito, il Collegio osserva che veniva dato impulso ad un procedimento di accesso civico generalizzato, volto cioè ad acquisire e visionare, senza alcun rapporto di vicinanza con il bene richiesto e senza bisogno di motivazione, documentazione amministrativa ulteriore rispetto a quella oggetto di pubblicazione necessaria.Si rientra cioè nella fattispecie disciplinata dall’art. 5, comma 2 del d.lgs. n. 33/2013, secondo cui “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis”.Alla luce della disciplina sull’accesso civico, tutta la documentazione detenuta dalla p.a. è adesso accessibile, qualora non ricorrano le seguenti, tassative circostanze, richiamate dal Tribunale:
1. pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b) la sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive;
2. pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali;
3. casi di segreto di Stato;
4. casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
Secondo il Collegio i documenti oggetto della richiesta del privato rientrano nel concetto più generale di “atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici” di cui al comma 1, dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016.L’art. 53 del Codice Appalti, in particolare, reca una particolare disciplina per l’accesso agli atti afferenti alle procedure ad evidenza pubblica finalizzate alla stipulazione di appalti o concessioni di servizi.Nell’ambito di tale specifica e particolare disciplina, la prima regola stabilita è che, salvo quanto espressamente previsto nello stesso codice dei contratti pubblici, “il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”.In sostanza, dunque, l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 riconduce espressamente la disciplina applicabile di gara e di esecuzione del contratto, fatte salve le eccezioni contenute nello stesso testo normativo di riferimento, alla disciplina ordinaria in materia di accesso.A sua volta, come anticipato sopra, il comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 statuisce che “il diritto di cui all’articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990”.Si tratta dei cosiddetti casi di “esclusione assoluta”, nei quali cioè l’amministrazione che detiene i documenti richiesti non conserva alcuna possibilità di comparazione discrezionale degli interessi coinvolti.Secondo il Tar per gli atti contemplati dalla disciplina contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 deve ritenersi esistente un caso di esclusione della disciplina dell’accesso civico ai sensi del comma 3 dell’art. 5-bis su richiamato.E’ infatti pacifico, secondo la sentenza in commento, che l’accesso agli atti delle procedure ad evidenza pubblica sia soggetto al rispetto di particolari condizioni e limiti.Vi è dunque una precisa norma di legge che rimanda espressamente – derogandola parzialmente – alla disciplina dell’accesso ordinario.D’altra parte, sotto un profilo sistematico sottolineato dalla sentenza del Tar, tali atti sono formati e depositati all’interno di una disciplina del tutto speciale e a sé stante.Si tratta di un complesso normativo chiuso, in quanto espressione di precise direttive europee volte alla massima tutela del principio di concorrenza e trasparenza negli affidamenti pubblici, che dunque attrae a sé anche la regolamentazione dell’accesso agli atti connessi alle specifiche procedure espletate.In altri termini, i giudici amministrativi ritengono giustificata una scelta del legislatore volta a sottrarre anche solo implicitamente una possibilità indiscriminata di accesso alla documentazione di gara e post-gara da parte di soggetti non qualificati.Invero, si tratta pur sempre di documentazione che, da un lato, subisce un forte e penetrante controllo pubblicistico da parte di soggetti istituzionalmente preposti alla specifica vigilanza di settore (ANAC), e, dall’altro, coinvolge interessi privati di natura economica e imprenditoriale di per sé sensibili (e quindi astrattamente riconducibili alla causa di esclusione di cui al comma 2, lett. c), dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013), specie quando tali interessi, dopo l’aggiudicazione, vanno a porsi su di un piano pari ordinato – assumendo la connotazione di veri e propri diritti soggettivi – rispetto a quelli della stazione committente.Alla luce dei principi anzidetti, il Tar, respingendo il ricorso, ha ritenuto legittimo il diniego della PA.
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