Nelle gare pubbliche, la dichiarazione sottoscritta da un tecnico che attesta la conformità degli “aspetti di tutela ambientale secondo il D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.” non è idonea a sostituire la certificazione di qualità ambientale richiesta dalla normativa EN ISO 14000:2004, né può essere considerata “prova equivalente” ai sensi dell’art. 87 del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti).Lo ha chiarito la Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con la sentenza n.8511 del 27 luglio 2018 con la quale ha accolto il ricorso presentato per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione di una gara per violazione e falsa applicazione dell’art. 87 del Codice dei contratti. Secondo la ricorrente, infatti, l’aggiudicataria avrebbe prodotto una documentazione non idonea ad accertare il requisito previsto dalla lex specialis di gara inerente la certificazione EN ISO 14000:2004 e, comunque, per non avere dimostrato di avere adottato misure equivalenti a quanto richiesto dalla normativa in materia di gestione ambientale.Nel corso del giudizio, il TAR ha osservato che è provato (e incontestato) che l’aggiudicataria non ha prodotto in gara la certificazione della gestione ambientale in corso di validità EN – ISO 14001-2004 e ss.mm.ii., prescritta dal Bando di gara, né dell’Autorizzazione Unica Ambientale, ma che si è limitata a presentare in sede di gara una relazione (o dichiarazione) a firma di un perito chimico incaricato dalla stessa ricorrente.Il TAR si è, dunque, limitato a chiarire se tale relazione o dichiarazione possa essere utilizzata per ritenere come integrato il requisito attraverso le “prove documentali”prodotte in via alternativa rispetto al certificato mancante, partendo dalla considerazione che la stazione appaltante può anche accettare altre prove documentali delle misure di gestione ambientale, purché gli operatori economici che se ne avvalgano dimostrino che tali misure sono “equivalenti a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile”.L’art. 87 del Codice dei contratti prevede infatti che, in riferimento alla ISO 14001, le stazioni appaltanti possono ammettere altre prove relative all’impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità, qualora gli operatori economici interessati non avessero la possibilità di ottenere tali certificati entro i termini richiesti per motivi non imputabili agli stessi operatori economici, a condizione che gli operatori economici dimostrino che le misure di garanzia della qualità proposte soddisfano le norme di garanzia della qualità richieste.I certificati appartenenti alla specie richiesta dalla lex specialis e riconducibili alla categoria contemplata dallo stesso art. 87 possono provenire esclusivamente da “organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell’operatore economico di determinati sistemi o di norme di gestione ambientale” i quali “fanno riferimento al sistema dell’Unione di ecogestione e audit (EMAS) o a altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all’articolo 45 del regolamento (CE) n. 1221/2009”.Laddove, come accaduto nella specie, l’operatore economico non sia in grado di esibire siffatti certificati può ovviare a ciò (sempreché tale impossibilità non sia allo stesso imputabile), esclusivamente attraverso “prove documentali delle misure di gestione ambientale” adottate, delle quali dimostrare l’equivalenza “….a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile”.Nel caso di specie, la relazione/dichiarazione del tecnico incaricato ha la struttura e il contenuto propri di una sorta di “certificazione” piuttosto che integrare “prova documentale” rappresentativa di una serie di specifiche misure tecniche di gestione ambientale conformi agli standard richiesti. Si tratta cioè di una dichiarazione la quale, nel suo contenuto più rilevante, attesta la conformità degli “aspetti di tutela ambientale secondo il D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.” alle procedure previste dal “precedente Certificato” che, per quanto si può evincere dal contesto complessivo della dichiarazione, dovrebbe essere quello a suo tempo conseguito dalla controricorrente.Ad avviso del TAR siffatta dichiarazione:
Ciò non appare conforme a quanto prescritto dal comma 2 dell’art. 87 cit. che, non a caso, parla di non di “dichiarazioni” ma di “prove” (documentali) che debbono avere ad oggetto le “misure di gestione ambientale” in concreto implementate dall’azienda, profilo fattualmente e tecnicamente assai complesso su cui nulla è dato evincere dal documento in questione, che, nella sostanza, non è comunque una prova dell’adozione di misure idonee e adeguate ma una mera e generica dichiarazione di un terzo non abilitato ad emettere le certificazioni in esame.In altri termini è mancata del tutto, sia nel corso della procedura di affidamento, sia nella presente causa, la produzione di documentazione idonea a dimostrare l’equivalenza in concreto dei sistemi di gestione ambientale (e di sicurezza) rispetto a quanto richiesto dalla norma ISO, dal momento che avrebbero potuto integrare semmai “prova documentale equivalente” ai sensi dell’art. 87, comma 2, Codice Appalti, eventuali analisi di emissione dei gas in atmosfera, rapporti sullo scarico delle acque civili e industriali, descrizioni del trattamento dei rifiuti ordinari e tossici e della loro conformità alle leggi in materia ecc..
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