Che l’argomento “cause da esclusione” non sia stato correttamente recepito dagli operatori del mercato lo dimostra in numero di ricorso e sentenze arrivate in questi primi due anni di applicazione del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti). A darne ulteriore prova è il Consiglio di Stato che, con il parere n.2616/2018, ha di fatto rimandato l’approvazione dell’aggiornamento alle Linee guida ANAC n.6 recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e carenze esecutive di precedente contratto di appalto significative per l’esclusione di cui all’art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016”.
Aggiornamento reso necessario dopo l’approfondimento istruttorio che ha visto l’ANAC coinvolgere alcuni soggetti a vario titolo portatori di interessi (ANCE, Legacoop, ANIP, Consorzio Coarco, AGCM, Consip) e volto a individuare i temi maggiormente critici dopo il primo periodo di applicazione delle linee guida in argomento, durante il quale sono emerse alcune criticità, come dimostrato dalle numerose segnalazioni pervenute all’Autorità, nonché dal notevole contenzioso sviluppatosi sull’applicazione della norma, con ben due richieste di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea.
Al fine di rendere più agevole la disamina dei temi, il Consiglio di Stato ha riportato il testo normativo della cui interpretazione e applicazione si tratta, e la disposizione recante la base giuridica delle Linee guida ANAC, ovvero:
Entrando nel dettaglio, i giudici di Palazzo Spada hanno fornito una risposta puntuale ai temi critici segnalati dall’Anticorruzione:
tassatività delle fattispecie ostative e criticità della clausola di chiusura contenuta nelle Linee guida con il riferimento a “tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente”;
In riferimento alle soluzioni proposte dall’ANAC, la Commissione Speciale le ha giudicate in parte condivisibili con alcune considerazioni e precisazioni, e fatta salva la necessità di approfondire la tematica riguardante più propriamente i mezzi di prova, per la quale l’Authority ha omesso di inviare l’intero capitolo IV (rubricato appunto «I mezzi di prova adeguati»).
Riguardo il tema della tassatività delle fattispecie ostative, secondo Palazzo Spada non è possibile eliminare il margine significativo di discrezionalità della stazione appaltante nel valutare in concreto i comportamenti idonei a costituire gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Questo perché si renderebbero le linee guida eccessivamente rigide e di difficile applicazione. Secondo la Commissione Speciale del Consiglio di Stato, quella del legislatore di utilizzare termini generici introduttivi di concetti giuridici indeterminati è una scelta chiara, inequivoca, logica e forse inevitabile.
La soluzione proposta dall’ANAC, secondo il Consiglio di Stato sembra raggiungere un buon punto intermedio di equilibrio tra le opposte esigenze di certezza del diritto e di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.
In riferimento alla problematica della definitività dell’accertamento del grave illecito professionale, secondo il Consiglio di Stato permangono delle difficoltà che deriverebbero dalla cattiva redazione del testo della norma primaria di recepimento (che meglio avrebbe fatto a recepire più fedelmente, ovvero semplicemente traducendolo, l’art. 57 della direttiva 24/2014) e dalla oggettiva ambiguità e indeterminatezza dell’attributo della “definitività”, che richiederebbe una preliminare chiarificazione (meglio specificata all’interno del parere).
Per quanto concerne il tema della decorrenza e durata del periodo di “interdizione”, il correttivo di cui al D.Lgs. n. 56/2017 ha apportato una modifica all’art. 80, comma 10 del Codice fissando la durata dell’effetto interdittivo in cinque anni nel caso di sentenza di condanna (salvo diversa previsione contenuta in tale sentenza e salvo che la pena principale sia di durata inferiore), e in tre anni nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna, con decorrenza dalla data dell’accertamento definitivo.
Conseguentemente il Consiglio di Stato non ha obiezioni da fare alla proposta di eliminare la parte V delle linee guida, che rappresenterebbe una mera ripetizione del dato normativo.
Secondo il Consiglio di Stato non risulta adeguatamente affrontata nella proposta dell’ANAC la questione della non pertinenza delle “pratiche commerciali scorrette” sanzionate dall’AGCM rispetto alla materia dei gravi illeciti professionali rilevanti agli effetti dell’esclusione dalla gara. Al di là delle differenze profonde che separano gli illeciti antitrust dalle pratiche commerciali scorrette, è assorbente e merita la dovuta attenzione, ad avviso di questa Commissione speciale, l’obiezione, da più parti mossa, secondo la quale, in realtà, la seconda tipologia di comportamenti materiali e negoziali colpiti dalla normativa di riferimento non sembra presentare una diretta attinenza con la materia dei contratti della pubblica amministrazione, riguardando prevalentemente, di regola, rapporti di diritto privato. Né pare sufficiente a perimetrare correttamente questa tipologia di illeciti la precisazione «aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare» riferita a tali pratiche commerciali scorrette. La Commissione rivolge, pertanto, sul punto, un invito all’ANAC a svolgere un ulteriore approfondimento volto a meglio specificare e delimitare questa casistica, ove davvero rilevante, oppure ad eliminare il rifermento alle pratiche commerciali scorrette.
Secondo la Commissione Speciale, il nuovo testo delle linee guida presenterebbe ampi tagli e sottrazioni rispetto a quelle in vigore, perpetuando in alcuni punti alcune imprecisioni lessicali, in parte derivate dalla stessa fonte primaria.
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