Un decreto-legge nell’ordinamento giuridico italiano, è un atto normativo di carattere provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo, ai sensi degli artt. 72 e 77 della Costituzione della Repubblica Italiana.
L’articolo 77 della Costituzione Italiana, al secondo periodo, recita “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni“.
Basterebbe leggere queste semplici indicazioni, senza essere dei costituzionalisti, per capire che il Decreto-Legge recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici e misure per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali” (c.d. Decreto #SbloccaCantieri), approvato “salvo intese” ormai un mese fa dal consiglio dei Ministri n. 50 del 20 marzo 2019, non ha quel carattere di urgenza imposto dalla costituzione per essere, in queste condizioni, firmato dal Capo dello Stato e trasmesso alla Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione.
Il vero fatto è che le due anime del Governo non sono state sin dall’inizio e sin dall’approvazione di facciata del 20 marzo scorso d’accordo sul testo che è stato più volte rimaneggiato ed integrato e che dagli originari 5 articoli in un unico Capo, che doveva servire soltanto per dettare alcune modifiche urgenti al Codice dei contratti pubblici ,è diventato un decreto-legge costituito da 30 articoli suddivisi in 3 Capi dei quali i nuovi 2 (Capo II e III), rispetto al testo originario, non hanno nulla a che vedere con il codice dei contratti in quanto trattano degli eventi sismici nella regione Molise e nell’area dell’Etna e degli eventi sismici dell’Abruzzo nell’anno 2009, del centro Italia negli anni 2016 e 2017 e nei comuni di Casamicciola terme e Lacco ameno dell’isola di Ischia nel 2017.
È certamente per questo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato lunedì scorso il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte al quale ha manifestato, probabilmente, le sue perplessità sulla legittimità del metodo e sui ritardi dell’esecutivo precisando la necessità di una nuova deliberazione del Consiglio dei Ministri per riaffermare quell’urgenza che il trascorrere del tempo ha cancellato.
La realtà è che Lega e Cinque Stelle continuano a non essere d’accordo su singoli articoli mentre nuovi articoli sarebbero entrati nel testo approvato il 20 marzo (quasi un mese fa) “salvo intese”, snaturandone l’impianto originario, il che significa che, nel rispetto della legge, il provvedimento dovrebbe essere approvato nuovamente in Consiglio dei Ministri prima della bollinatura della Ragioneria che in atto sembra avere qualche dubbio sulla copertura per gli stanziamenti sul terremoto, e della firma del Presidente della Repubblica che sembra non desideri firmare un decreto-legge a distanza di quasi un mese dall’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri.
Non possiamo non cogliere l’occasione per puntualizzare come con un semplice decreto-legge siano stati smantellati tutti i pilastri su cui si basava il Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. n. 50. Abbiamo già parlato, tra l’altro, in un precedente articolo:
A queste novità si aggiunge, poi, quella rilevabile nelle modifiche all’articolo 37 rubricato “Aggregazioni e centralizzazione delle committenze”; con la semplice sostituzione al comma 4 di “procede” con “può procedere” viene affermato che i Comuni non capoluogo potranno gestire da soli le procedure di gara di maggior rilievo, senza ricorrere a centrali uniche di committenza o stazioni uniche appaltanti per le gare:
In verità, così come disposto all’articolo 216, comma 10 del Codice dei contratti, in cui è precisato che “Fino alla data di entrata in vigore del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’articolo 38, i requisiti di qualificazione sono soddisfatti mediante l’iscrizione all’anagrafe di cui all’articolo 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221” e visto che il decreto di cui al comma 2 dell’articolo 38 (DPCM sulla qualificazione delle stazioni appaltanti) del Codice dei contratti non è stato ancora emanato, in questo momento tutto è rimasto come prima ed i requisiti di qualificazione delle stazioni appaltanti restano soddisfatti mediante l’iscrizione all’Anagrafe unica presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita ai sensi dell’articolo 62-bis del codice dell’amministrazione digitale di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
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