Indicazione costi della manodopera necessario il rispetto del Codice dei contratti. Sugli effetti della mancata indicazione dei costi della manodopera nell’offerta economica si è scritto tanto a seguito di numerose pronunce della giurisprudenza amministrativa italiana e di quella europea.Un nuovo tassello si aggiunge all’argomento da parte del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia che con la sentenza n. 500 del 28 febbraio 2020 che ha accolto il ricorso presentato per l’annullamento di una aggiudicazione nei confronti di un’impresa che non aveva indicato i costi della manodopera all’interno dell’offerta economica.
Nel caso di specie il ricorrente aveva dedotto l’illegittimità dell’aggiudicazione poiché l’aggiudicataria, non avendo specificato separatamente i costi della manodopera nella propria offerta economica, doveva essere esclusa dalla procedura di affidamento.
L’argomento è stato recentemente trattato dalla Corte UE con la Sentenza 2 maggio 2019, C-309/18 i cui principi sono stati ribaditi dal Consiglio di Stato con l’ Ordinanza 28 ottobre 2019, n. 11 emessa dall’Adunanza Plenaria. Le due pronunce hanno confermato il principio ormai consolidato per cui l’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera discende direttamente dall’art. 95, comma 10 del D. Lgs. n. 50/2016
(c.d. Codice dei contratti). Obbligo da cui deriverebbe l’esclusione automatica dalla procedura ma solo a patto che il modello previsto per l’offerta economica consenta senza dubbi l’indicazione separata dei costi.
Il TAR ha confermato che l’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera discende direttamente dall’art. 95, comma 10 del Codice dei contratti, fatta eccezione del caso di affidamento di contratti pubblici di forniture senza posa in opera, servizi di natura intellettuale ed affidamenti diretti.
La ragione della prevista indicazione separata del costo del lavoro è rinvenibile nell’esigenza di consentire alla Stazione appaltante una puntuale verifica della congruità del prezzo offerto con particolare riguardo al rispetto delle tabelle ministeriali, dalle quali, secondo la giurisprudenza, gli operatori economici possono discostarsi, purché in ragione di giustificazioni attendibili. Si pensi, ad esempio, alle tabelle ministeriali che nella parte in cui individuano un costo medio-orario del lavoro basato su una serie di parametri forfettari (calcolando un certo numero di giorni di ferie, di malattia, ecc…) non precludono al concorrente la possibilità di offrire un costo medio inferiore giustificato, per ipotesi, dalla peculiare esiguità dello scostamento o dall’inadeguatezza di uno dei parametri forfettari rispetto alla propria realtà aziendale o dalla prevedibile diminuzione dei giorni di assenza dei propri lavoratori rispetto a quelle forfettariamente preventivate, ecc… La giurisprudenza, quindi, ammette che dalle tabelle ministeriali ci si possa discostare motivando la ragione per la quale si offre un costo della manodopera inferiore rispetto a quello individuato sulla base del parametro medio stabilito dal Ministero, purché, comunque, sempre pari o superiore rispetto al trattamento salariale minimo inderogabile stabilito dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.
La mancata puntuale indicazione, in sede di offerta, dei costi della manodopera comporta, dunque, necessariamente l’esclusione del concorrente dalla gara, non essendo siffatta lacuna rimediabile attraverso il soccorso istruttorio.
L’obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera prescinderebbe, dunque, dalla sua previsione all’interno della lex specialis. L’omessa indicazione dell’obbligo e della relativa causa espulsiva non costituisce, di per sé, circostanza ostativa alla corretta partecipazione delle imprese alle procedure di affidamento dei contratti pubblici ed al rispetto della concorrenza, della par condicio e della normativa che sul punto è molto chiara.
Nel caso in esame, il bando non prevedeva l’indicazione separata dei costi della manodopera ma il rispetto del Codice dei contratti. Inoltre, il disciplinare di gara prevedeva per i concorrenti la “possibilità” di avvalersi dell’allegato A per la presentazione della domanda di partecipazione, degli allegati B1 e B2, C e D per le dichiarazioni sostitutive di certificati e di atti di notorietà. Nessun allegato, invece, era previsto per la presentazione dell’offerta tecnica e dell’offerta economica. Le imprese, dunque, erano libere di formulare le loro offerte senza moduli precostituiti.
Pertanto, i concorrenti potevano indicare, senza preclusione alcuna, i costi della manodopera, non ostandovi alcun impedimento di tipo formale o procedurale.
Secondo il TAR, dunque, l’omessa previsione nel bando e nel disciplinare di gara di un’espressa clausola di esclusione per il caso di mancata indicazione separata dei costi della manodopera non può, di per sé, ingenerare confusione negli operatori economici a fronte del chiaro ed inequivoco tenore dell’art.95, comma 10 del Codice dei contratti. Non può, infatti, ritenersi scusabile l’ignoranza della legge quando la sua interpretazione ed applicazione non desti perplessità alcuna a causa della chiarezza delle espressioni adoperate dal legislatore, come nel caso in esame. Né, peraltro, può ritenersi necessaria un’espressa ripetizione nel bando o nel disciplinare di gara della regola sancita, poiché altrimenti si perverrebbe alla non condivisibile conclusione secondo cui la disciplina in esame sarebbe meramente dispositiva in quanto rimessa ad una scelta discrezionale degli Enti aggiudicatori ai quali, invece, non è consentita, sul punto, deroga alcuna in ragione proprio della indiscutibile natura imperativa della normativa in questione.
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