Valutazione dell’anomalia e verifica della congruità dell’offerta: nuovo intervento del Consiglio di Stato.
Se sulla base di un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità delle offerte, queste risultino anormalmente basse, le stazioni appaltanti possono richiedere agli operatori economici spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti.
È quanto prevede il comma 1 dell’art. 97 (offerte anormalmente basse) del D.Lgs. n.50/ 2016 (c.d.Codice dei Contratti) oggetto della sentenza n. 2885/2020 con la quale il Consiglio di Stato è intervenuto rigettando un ricorso presentato per l’annullamento di una decisione di primo grado che a sua volta aveva rigettato il ricorso avverso una procedura di gara di servizi in cui al concorrente primo classificato a seguito di verifica della congruità dell’offerta era stata confermata l’aggiudicazione, nonostante a detta del ricorrente, i numeri prospettati avrebbero condotto ad un’offerta in perdita.
Preliminarmente, il Consiglio di Stato ha ricordato che nella valutazione dell’anomalia dell’offerta, la stazione appaltante deve rendere solo un giudizio di ragionevolezza sugli elementi di giustificazione forniti, tenuto conto che la verifica di anomalia costituisce un sub-procedimento riferito non alla ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, bensì all’attendibilità e all’affidabilità dell’offerta nel suo complesso in relazione alla corretta esecuzione dell’affidamento.
In definitiva, il procedimento di verifica dell’anomalia ha per oggetto non già la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma il riscontro se in concreto l’offerta nel suo complesso sia attendibile e affidabile per la corretta esecuzione del contratto, onde la valutazione sulla congruità dev’esser globale e sintetica, senza concentrarsi, cioè, in modo esclusivo o parcellizzato sulle singole voci di prezzo, sicché eventuali inesattezze su queste ultime devono ritenersi irrilevanti, se alla fine si accerta l’attendibilità dell’offerta stessa
Il ricorso presentato in primo grado e ribadito al Consiglio di Stato si fonda sulla deduzione secondo la quale dopo aver riportato analiticamente l’inattendibilità dei ricavi attesi dall’aggiudicataria (al netto dell’offerta), l’aggiudicazione sarebbe stata erronea.
Secondo il Consiglio di Stato, escludendo i casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta sia sicuramente da considerare anomala, poiché pure un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa che per la qualificazione, la pubblicità ed il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria ed aver portato a termine un appalto pubblico.
Ciò premesso, dopo aver verificato l’inesistenza di errori nella valutazione della congruità dell’offerta e dell’operato del TAR, il Consiglio di Stato ha confermato che vi è una sostanziale differenza di contenuto del giudizio sull’anomalia delle offerte, a seconda che si tratti della concessione di servizi o di altri appalti (lavori o forniture).
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