Memorie difensive, offerta ad un bando di gara, atto di conferma e “monte ore”. Affrontiamo questi argomenti sfruttando una sentenza del Consiglio di Stato ( n. 6987 del 2020 del 13 novembre 2020).
Il fatto e il ricorso
Si parla di affidamento del servizio di gestione dei parcheggi a pagamento per conto di un Comune. A presentare ricorso la società seconda classificata che lamenta alcune violazioni della società poi risultata vincitrice. Tra questi:
- infrapetizione;
- violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
- travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
La tardiva memoria difensiva del comune appaltatore
Per i giudici del Consiglio di Stato va respinta l’accusa della società che ha proposto ricorso secondo cui il comune ha presentato in ritardo la sua memoria difensiva, in quanto depositata oltre le ore 12 dell’ultimo giorno previsto. Scrivono i giudici: “La possibilità di depositare gli atti in forma telematica è assicurata fino alle ore 24 dell’ultimo giorno consentito (si fa riferimento al decreto legisltaivo numero 104 del 2010 e in particolare all’articolo 4) e tale soluzione non contrasta con quanto indicato dall’ultimo periodo della stessa disposizione, secondo cui il deposito degli atti e dei documenti in scadenza effettuato oltre le ore 12 dell’ultimo giorno si considera eseguito il giorno successivo; questo effetto, posto a garanzia del diritto di difesa delle controparti, significa unicamente che per contestare gli atti depositati oltre le ore 12 i termini per controdedurre decorrono dal giorno successivo; deve dunque ritenersi che la possibilità di depositare con modalità telematica atti in scadenza è assicurata fino alle ore 24 dell’ultimo giorno consentito secondo i termini perentori (cioè fino allo spirare dell’ultimo giorno). Il deposito telematico si considera quindi perfezionato e tempestivo con riguardo al giorno senza rilevanza preclusiva con riguardo all’ora”.
Tabella ministeriale incompleta sul costo del lavoro
Anche in primo grado la società che ha proposto ricorso aveva lamentato la presentazione, da parte della società risultata vincitrice, di una tabella ministeriale sul costo del lavoro incompleta che, quindi, “dava luogo a un’omissione o falsità informativa con effetto escludente”. Per i giudici, non è così. Come recentemente posto in risalto dall’Adunanza Plenaria – si legge nella sentenza – le omissioni dichiarative o falsità (si parla dell’articolo 80 del decreto legislativo numero 50 del 2016, il codice degli appalti), devono riguardare “informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici” ed essere finalizzate “all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione”. Per questo, l’informazione omessa o inveritiera deve essere rilevante ai fini dell’adozione di decisioni in ordine all’ammissione ed esclusione dei concorrenti, ovvero all’aggiudicazione della gara, e non può che riguardare evidentemente la vita, la condizione e l’attività dell’impresa interessata ed eventualmente dei soggetti ad essa legati”. Quindi non può essere preso in considerazione l’aver trasmesso, in sede di giustificativi, una tabella ministeriale sul costo della manodopera che, scrivono i giudici, “afferisce non già a informazioni inerenti alla vita e situazione individuale dell’operatore economico, eventualmente rilevanti a fini ammissivi, escludenti o selettivi, ma è un atto pubblico (peraltro non richiesto all’operatore) non inerente alla situazione del concorrente, e in sé liberamente consultabile dalla stazione appaltante”. E non rileva, dunque, nemmeno il fatto che la società risultata vincitrice, abbiamo omesso alcuni dati dalla tabella ministeriale, “atteso che spettava comunque alla stazione appaltante reperire tali (pubblici) dati tabellari”.
Valutazione dell’anomalia dell’offerta
Tra i motivi di ricorso, anche la presunta incompetenza dell’organo che ha espresso l’anomalia dell’offerta. Per i giudici del Consiglio di Stato, però, il motivo è infondato. Infatti, in un verbale si legge che l’offerta della società risultata poi vincitrice, è stata giudicata adeguata. L’unico atto rilevante ai fini della valutazione dell’anomalia è rappresentato dal verbale in cui l’organo deputato esprimeva le proprie conclusioni in ordine all’adeguatezza dell’offerta dell’aggiudicataria. Era già stata chiarita alla società che aveva fatto ricorso, con un’apposita nota, il perché era stata ritenuta congura l’offerta della società risultata vincitrice. “Per tali ragioni – si legge nella sentenza – oltre a risultare privo di portato lesivo autonomo, l’atto non è affetto da alcun profilo d’incompetenza, atteso che non esprime una rivalutazione e conferma del giudizio di anomalia, bensì si limita a fornire riscontro alla diffida e alle osservazioni presentate dalla società che ha fatto ricorso”.
Riduzione del monte ore e costo della manodopera
Infondato anche il ricorso sulla questione della presunta e illegittima riduzione del monte ore offerto dalla società risultata vincitrice, che avrebbe ridotto il numero di ore settimanali per lavoratore dall’ammontare previsto in sede di offerta, pari a 25, a quello – pari a 19 – assunto ai fini della valutazione di anomalia dell’offerta. Secondo i giudici, invece, “il calcolo sulla sostenibilità di tale costo va eseguito moltiplicando il costo orario medio per il monte delle ore effettivamente prestate dai lavoratori, non già per il numero di ore teoriche contrattuali; a sua volta, il numero di ore effettive può essere determinato moltiplicando il numero di ore teoriche per un coefficiente (nella specie pari a 0,7571) corrispondente al rapporto tra monte ore mediamente lavorate e monte ore teoriche”. Per questo già il giudice di primo grado aveva ritenuto congruo il numero delle ore e il costo indicato dalla società risultata vincitrice.
Anomalie e comunicazione
Secondo la società che ha fatto ricorso, la comunicazione di eventuali anomalie va fatta in seduta pubblica. In realtà non è così, spiegano i giudici del Consiglio di Stato. “La mera comunicazione degli esiti della verifica di anomalia e l’eventuale successiva proposta di aggiudicazione non presentano intrinseche ragioni di trasparenza che ne rendono necessario lo svolgimento in seduta pubblica, come avviene invece per l’apertura delle buste contenenti le offerte – si legge nella sentenza – Per tali ragioni l’inosservanza della prescrizione formale della lex specialis che pure prevede la seduta pubblica risulta in realtà priva di rilievo sostanziale, non incidendo in alcun modo sul contenuto degli atti impugnati: come posto in risalto dalla giurisprudenza infatti la mancata comunicazione formale in seduta pubblica […] dell’esito della verifica di anomalia (con la conseguente aggiudicazione provvisoria) non costituisce un vizio capace di inficiare la procedura, né da tale mancanza può essere derivato alcun danno all’appellante che ha avuto modo, anche a seguito delle comunicazioni effettuate dall’amministrazione, di far valere le sue ragioni nei confronti delle valutazioni effettuate dall’amministrazione”. In ogni caso, la decisione di non effettuare la seduta pubblica, era stata decisa dalla commissione che aveva stilato il relativo verbale inviato a tutti tramite Pec. In conclusione l’appello va respinto.
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Memorie difensive, offerta ad un bando di gara, atto di conferma e “monte ore”. Affrontiamo questi argomenti sfruttando una sentenza del Consiglio di Stato ( n. 6987 del 2020 del 13 novembre 2020).
Il fatto e il ricorso
Si parla di affidamento del servizio di gestione dei parcheggi a pagamento per conto di un Comune. A presentare ricorso la società seconda classificata che lamenta alcune violazioni della società poi risultata vincitrice. Tra questi:
La tardiva memoria difensiva del comune appaltatore
Per i giudici del Consiglio di Stato va respinta l’accusa della società che ha proposto ricorso secondo cui il comune ha presentato in ritardo la sua memoria difensiva, in quanto depositata oltre le ore 12 dell’ultimo giorno previsto. Scrivono i giudici: “La possibilità di depositare gli atti in forma telematica è assicurata fino alle ore 24 dell’ultimo giorno consentito (si fa riferimento al decreto legisltaivo numero 104 del 2010 e in particolare all’articolo 4) e tale soluzione non contrasta con quanto indicato dall’ultimo periodo della stessa disposizione, secondo cui il deposito degli atti e dei documenti in scadenza effettuato oltre le ore 12 dell’ultimo giorno si considera eseguito il giorno successivo; questo effetto, posto a garanzia del diritto di difesa delle controparti, significa unicamente che per contestare gli atti depositati oltre le ore 12 i termini per controdedurre decorrono dal giorno successivo; deve dunque ritenersi che la possibilità di depositare con modalità telematica atti in scadenza è assicurata fino alle ore 24 dell’ultimo giorno consentito secondo i termini perentori (cioè fino allo spirare dell’ultimo giorno). Il deposito telematico si considera quindi perfezionato e tempestivo con riguardo al giorno senza rilevanza preclusiva con riguardo all’ora”.
Tabella ministeriale incompleta sul costo del lavoro
Anche in primo grado la società che ha proposto ricorso aveva lamentato la presentazione, da parte della società risultata vincitrice, di una tabella ministeriale sul costo del lavoro incompleta che, quindi, “dava luogo a un’omissione o falsità informativa con effetto escludente”. Per i giudici, non è così. Come recentemente posto in risalto dall’Adunanza Plenaria – si legge nella sentenza – le omissioni dichiarative o falsità (si parla dell’articolo 80 del decreto legislativo numero 50 del 2016, il codice degli appalti), devono riguardare “informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici” ed essere finalizzate “all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione”. Per questo, l’informazione omessa o inveritiera deve essere rilevante ai fini dell’adozione di decisioni in ordine all’ammissione ed esclusione dei concorrenti, ovvero all’aggiudicazione della gara, e non può che riguardare evidentemente la vita, la condizione e l’attività dell’impresa interessata ed eventualmente dei soggetti ad essa legati”. Quindi non può essere preso in considerazione l’aver trasmesso, in sede di giustificativi, una tabella ministeriale sul costo della manodopera che, scrivono i giudici, “afferisce non già a informazioni inerenti alla vita e situazione individuale dell’operatore economico, eventualmente rilevanti a fini ammissivi, escludenti o selettivi, ma è un atto pubblico (peraltro non richiesto all’operatore) non inerente alla situazione del concorrente, e in sé liberamente consultabile dalla stazione appaltante”. E non rileva, dunque, nemmeno il fatto che la società risultata vincitrice, abbiamo omesso alcuni dati dalla tabella ministeriale, “atteso che spettava comunque alla stazione appaltante reperire tali (pubblici) dati tabellari”.
Valutazione dell’anomalia dell’offerta
Tra i motivi di ricorso, anche la presunta incompetenza dell’organo che ha espresso l’anomalia dell’offerta. Per i giudici del Consiglio di Stato, però, il motivo è infondato. Infatti, in un verbale si legge che l’offerta della società risultata poi vincitrice, è stata giudicata adeguata. L’unico atto rilevante ai fini della valutazione dell’anomalia è rappresentato dal verbale in cui l’organo deputato esprimeva le proprie conclusioni in ordine all’adeguatezza dell’offerta dell’aggiudicataria. Era già stata chiarita alla società che aveva fatto ricorso, con un’apposita nota, il perché era stata ritenuta congura l’offerta della società risultata vincitrice. “Per tali ragioni – si legge nella sentenza – oltre a risultare privo di portato lesivo autonomo, l’atto non è affetto da alcun profilo d’incompetenza, atteso che non esprime una rivalutazione e conferma del giudizio di anomalia, bensì si limita a fornire riscontro alla diffida e alle osservazioni presentate dalla società che ha fatto ricorso”.
Riduzione del monte ore e costo della manodopera
Infondato anche il ricorso sulla questione della presunta e illegittima riduzione del monte ore offerto dalla società risultata vincitrice, che avrebbe ridotto il numero di ore settimanali per lavoratore dall’ammontare previsto in sede di offerta, pari a 25, a quello – pari a 19 – assunto ai fini della valutazione di anomalia dell’offerta. Secondo i giudici, invece, “il calcolo sulla sostenibilità di tale costo va eseguito moltiplicando il costo orario medio per il monte delle ore effettivamente prestate dai lavoratori, non già per il numero di ore teoriche contrattuali; a sua volta, il numero di ore effettive può essere determinato moltiplicando il numero di ore teoriche per un coefficiente (nella specie pari a 0,7571) corrispondente al rapporto tra monte ore mediamente lavorate e monte ore teoriche”. Per questo già il giudice di primo grado aveva ritenuto congruo il numero delle ore e il costo indicato dalla società risultata vincitrice.
Anomalie e comunicazione
Secondo la società che ha fatto ricorso, la comunicazione di eventuali anomalie va fatta in seduta pubblica. In realtà non è così, spiegano i giudici del Consiglio di Stato. “La mera comunicazione degli esiti della verifica di anomalia e l’eventuale successiva proposta di aggiudicazione non presentano intrinseche ragioni di trasparenza che ne rendono necessario lo svolgimento in seduta pubblica, come avviene invece per l’apertura delle buste contenenti le offerte – si legge nella sentenza – Per tali ragioni l’inosservanza della prescrizione formale della lex specialis che pure prevede la seduta pubblica risulta in realtà priva di rilievo sostanziale, non incidendo in alcun modo sul contenuto degli atti impugnati: come posto in risalto dalla giurisprudenza infatti la mancata comunicazione formale in seduta pubblica […] dell’esito della verifica di anomalia (con la conseguente aggiudicazione provvisoria) non costituisce un vizio capace di inficiare la procedura, né da tale mancanza può essere derivato alcun danno all’appellante che ha avuto modo, anche a seguito delle comunicazioni effettuate dall’amministrazione, di far valere le sue ragioni nei confronti delle valutazioni effettuate dall’amministrazione”. In ogni caso, la decisione di non effettuare la seduta pubblica, era stata decisa dalla commissione che aveva stilato il relativo verbale inviato a tutti tramite Pec. In conclusione l’appello va respinto.
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