Se una Stazione Appaltante in fase di gara non indica il CIG e gli operatori non possono effettuare il versamento del contributo ad ANAC, la procedura rimane comunque legittima, se l’omissione avviene in fase di scelta del contraente.
Lo ha confermato il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con la sentenza n. 956/2022, a seguito del ricorso presentato contro una Stazione appaltante che aveva aggiudicato la concessione di un servizio a un altro operatore economico. Nonostante l’appello sia stato giudicato inammissibile per decadenza dei termini, il Consiglio ha spiegato che comunque il ricorso sarebbe stato rigettato, dandone un’esaustiva motivazione.
La questione attiene l’impugnazione del bando e dell’aggiudicazione relativi all’affidamento di una concessione di servizio. Secondo il ricorrente, la stazione appaltante non avrebbe richiesto il codice C.I.G. e, pertanto, le ditte non avrebbero potuto effettuare il pagamento del contributo a loro carico riferito a quella specifica gara, della quale il codice C.I.G. costituirebbe elemento identificativo unico ed insostituibile per la prova della validità del versamento. Inoltre il codice C.I.G. sarebbe stato tardivamente ed illegittimamente inserito dalla commissione di gara soltanto nella determina di assegnazione provvisoria del servizio.
Per il Collegio un’ipotesi del genere non è plausibile perché l’omessa preventiva richiesta del CIG non determina l’illegittimità del bando e degli atti di gara. Preliminarmente, i giudici hanno ricordato che, come specificato nella Delibera ANAC dell’11 gennaio 2017, recante indicazioni operative per un corretto funzionamento del CIG, il CIG è un codice alfanumerico generato dal sistema SIMOG dell’Autorità che consente contemporaneamente:
La stazione appaltante è tenuta a riportare i CIG nell’avviso pubblico, nella lettera di invito o nella richiesta di offerte comunque denominata. Il CIG deve, pertanto, essere richiesto dal responsabile del procedimento in un momento antecedente all’indizione della procedura di gara.
Questo perché, come disposto dall’art. 3, c. 5, della legge n. 136/2010, tra le modalità di attuazione della disciplina sulla tracciabilità dei flussi finanziari, vi è l’obbligo di indicare negli strumenti di pagamento relativi ad ogni transazione effettuata dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti tenuti al rispetto di tale obbligo, il codice identificativo di gara (CIG), attribuito dall’Autorità su richiesta della stazione appaltante.
Attenzione però, perché dall’inadempimento discendono tuttavia conseguenze su piani diversi dalla illegittimità degli atti di gara. Spiega il Consiglio che, secondo la giurisprudenza, l’obbligo di indicazione del CIG attiene non già alla fase di scelta del contraente, ma alla fase esecutiva del procedimento di gara, ed in particolare alla stipula del contratto, essendo la stessa essenzialmente funzionale alla tracciabilità dei flussi finanziari, secondo quanto inferibile dall’art. 3, c. 5, l. n. 136/2010.
In questo caso il CIG è stato comunque acquisito, anche se in un momento successivo alla indizione della gara, per cui la procedura è legittima.
Inoltre in riferimento all’omesso pagamento del contributo ANAC conseguente alla omessa indicazione del CIG nel bando, esso non può essere considerato causa di inammissibilità delle offerte o di loro esclusione.
Sul punto, il Collegio ha ricordato che la Corte di Giustizia UE ha ritenuto illegittima l’esclusione dalla gara per omesso pagamento del contributo all’Autorità, rilevando che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza non prevedono l’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti.
Quindi, nonostante l’appello sia stato dichiarato inammissibile, qualora si fosse dovuto dare un giudizio nel merito, il ricorso sarebbe stato respinto: l’omessa indicazione del CIG in fase di scelta del contraente e il conseguente omesso pagamento del contributo ad Anac non costituiscono motivi di esclusione né di illegittimità della procedura.
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