La proposta di aggiudicazione da parte della stazione appaltante è una comunicazione differente dal provvedimento di aggiudicazione. Essa rappresenta un atto endoprocedimentale e, in quanto tale, non è impugnabile.
Sulla base di questi presupposti, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8612/2022, ha dichiarato inammissibile il ricorso in appello presentato da un operatore contro la comunicazione di una Stazione Appaltante, che aveva disposto la proposta di aggiudicazione nei confronti di un altro concorrente. Secondo il ricorrente, l’utilizzo di formule ambigue, faceva ritenere che il documento fosse il provvedimento di aggiudicazione e, in quanto tale, impugnabile.
Nel valutare il caso, i giudici di Palazzo Spada hanno richiamato la normativa di riferimento del Codice dei Contratti Pubblici, ovvero:
Secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio stesso:
Dato che la proposta di aggiudicazione non costituisce il provvedimento di aggiudicazione, essa non poteva essere impugnata, nemmeno in presenza di elementi ambigui: il fatto che al suo interno si faccia riferimento alla possibilità di impugnare l’atto innanzi alla giurisdizione amministrativa costituisce, in questo caso, solo un’indicazione errata e rappresenta l’inserimento di una mera formula di stile che non muta la qualificazione giuridica dell’atto in cui essa inserita.
In definitiva, dunque, l’atto impugnato costituisce l’atto di controllo (di legittimità e di opportunità da parte dell’organo competente) – per l’appunto, “l’approvazione” – della “proposta di aggiudicazione”, strumentale all’emanazione del provvedimento di aggiudicazione. Esso non costituisce, per converso, il provvedimento che conclude il procedimento di gara, né fa assurgere a “provvedimento di aggiudicazione” la proposta approvata.
Conseguentemente, non trattandosi dell’atto conclusivo del procedimento non costituisce atto amministrativo autonomamente impugnabile, motivo per cui l’appello è stato respinto.
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