È legittima la scelta della stazione appaltante di sostituire una commissione giudicatrice, qualora uno dei membri si rifiuti di firmare i verbali di valutazione e metta in dubbio i criteri definiti per la selezione delle offerte.
La conferma arriva dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 10457/2022, relativa a una complessa vicenda che ha visto la nomina di una nuova commissione per l’aggiudicazione di un lotto facente parte di una gara suddivisa complessivamente in 13 lotti.
Secondo la SA, la nuova nomina si è resa necessaria per il mancato accordo da parte della Commissione Giudicatrice circa alcuni criteri di valutazione e di conseguenza l’impossibilità ad avere una valutazione finale. In particolare, uno dei commissari si era rifiutato di firmare i verbali di gara, non condividendo i criteri di valutazione dell’offerta tecnica.
Secondo l’operatore coinvolto nel ricorso, l’aggiudicazione finale era quindi illegittima perché:
Sulla questione, il Consiglio ha spiegato che il rifiuto di sottoscrizione dei verbali:
Questo conferma la natura di collegio “perfetto” della commissione di gara, cui si ricollega l’esigenza che tutti i suoi componenti concorrano all’esercizio delle sue funzioni valutative e quindi all’assunzione delle determinazioni finali di sua competenza, pur con l’applicazione, al fine di comporre le dissonanze valutative eventualmente emergenti nel corso dei relativi lavori, dei criteri “sintetizzanti” ed “armonizzanti” delineati dalla lex specialis o, in alternativa ed in via residuale, del richiamato principio di maggioranza (valido, ad esempio, per i criteri di valutazione di carattere tabellare incentrati sulla logica “on/off” di attribuzione del corrispondente punteggio).
In questo caso, spiega Palazzo Spada, il commissario ha deciso di non partecipare alla commissione, avendo contestato in radice i giudizi espressi dagli altri due componenti, ritenendoli non conformi agli interessi della stazione appaltante e quindi idonei a condurre ad un esito della procedura di gara con essi contrastante, ritenendo di impedirla attraverso lo strumento di “resistenza” rappresentato dalla mancata sottoscrizione del verbale di gara.
È quindi legittima la scelta della stazione appaltante di procedere all’azzeramento dei lavori fino a quel momento svolti dalla commissione, non consacrati in alcun verbale, con l’obiettivo di garantire la conclusione del procedimento entro tempi compatibili con le sue esigenze.
Proprio la necessità di concludere i lavori della commissione in tempi ragionevoli costituisce pure un valore legittimamente perseguibile dalla stazione appaltante: la scelta di rinnovare la composizione della commissione costituisce indice dell’atteggiamento equidistante assunto rispetto alle posizioni contrapposte e della necessità di adottare una soluzione che renda immune la gara dagli elementi di debolezza e sospetto che quelle contestazioni, anche ammessa la possibilità di concludere le operazioni valutative così come espletate dalla precedente commissione, avrebbero potuto generare.
Tra i principi generali” cui deve ispirarsi la decisione non può non esservi quello inteso ad assicurare che “le procedure ad evidenza pubblica si svolgano senza “ombre”. L’appello è stato quindi accolto, confermando la legittimità dell’operato della Stazione Appaltante.
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