Con l’obiettivo di perseguire i prinicipi di buon andamento ed economicità alla base dell’operato della Pubblica Amministrazione, una Stazione Appaltante può chiedere, dandone speifica motivazione anche alla Corte dei Conti, una deroga al ricorso a una convenzione Consip per indire invece delle gare autonome.
Si tratta di un importante assunto nell’attività della P.A., confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2728/2023, con la quale ha respinto l’appello di un operatore economico che aveva impugnato l’aggiudicazione di un lotto di appalto, a seguito dell’espletamento di una gara autonoma e quindi al di fuori della convenzione Consip entro la quale operava.
Come hanno spiegato i giudici di Palazzo Spada, il ricorso era irricevibile per tardività: l’effettivo interesse a ricorrere dell’operatore, e la lesività della scelta della SA si erano manifestati non nel momento dell’aggiudicazione della commessa, avvenuta nel 2021, ma nel momento in cui la stazione appaltante aveva deciso di non ricorrere a una convenzione Consip, ovvero nel 2020.
Richiamando un precedente, (Cons. Stato n. 7248/2021), l’aggiudicazione di un appalto Consip radica un sufficiente interesse diretto ed attuale all’eliminazione di eventuali bandi autonomi: “Ove un’impresa sia già titolare della posizione differenziata consistente nell’aggiudicazione in proprio favore di procedura selettiva relativa ad un determinato oggetto negoziale, la sola pendenza di altra procedura avente il medesimo oggetto si configura come lesiva, in concreto e nell’attualità, indipendentemente dall’adozione dell’atto conclusivo, perché la sola messa a gara di un servizio già aggiudicato, implicando la disposizione di un bene indisponibile (proprio perché già aggiudicato), espone l’aggiudicatario alla perdita della certezza giuridica propria dell’utilità provvedimentale conseguita”. “Bandire la gara … aveva l’effetto giuridico (immediato) di sottrarre il bene oggetto della stessa ad altre forme di disponibilità giuridica”. Pertanto: “all’atto dell’aggiudicazione in proprio favore della gara CONSIP l’odierna appellante vantava un interesse personale, diretto ed attuale all’eliminazione del bando”
Si tratta di un’azione che in questo caso non è stata esperita dall’OE, che invece di impugnare il bando di gara autonomo a seguito della stipula della convenzione Consip, ha invece proposto ricorso a seguito dell’aggiudicazione della gara autonoma.
Inoltre nessuna norma impone alle stazioni appaltanti una comparazione finale o postuma dei prezzi (quelli della gara autonoma e quelli della gara Consip). Unica disposizione che postula una certa comparazione di prezzi è quella di cui all’art. 1, comma 510, della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016), a norma del quale: “Le amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate da Consip SpA, ovvero dalle centrali di committenza regionali, possono procedere ad acquisti autonomi esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall’organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali”.
Si tratta di valutazione comparativa dei costi ex ante, da compiere in vista dell’adozione del bando di gara autonoma.
Ciò, anche in linea con il principio di economicità dell’azione amministrativa (art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990) per cui si rivelerebbe del tutto illogico far bandire e soprattutto svolgere una pubblica gara (autonoma) per poi decidere di porla nel nulla in esito ad una valutazione comparativa dei prezzi soltanto finale, o ex post (e non piuttosto iniziale, ossia ex ante). Un tale modus operandi (svolgimento gara autonoma e valutazione comparativa prezzi solo finale) determinerebbe infatti un inammissibile spreco di risorse e di attività amministrativa, il che finirebbe per denotare una frizione procedimentale ancor più evidente ove soltanto si consideri il settore in cui si opera (appalti pubblici, per l’appunto).
Di qui, la logicità e la ragionevolezza di una valutazione soltanto ex ante dei prezzi (comma 510 cit.) e non anche ex post.
Anche dalla dimostrata sussistenza di un onere comparativo soltanto ex ante, dunque da effettuare in vista della deliberazione a contrarre ex art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei Contratti Pubblici), discende l’applicazione degli orientamenti del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria (sentenza n. 4/2018) secondo cui l’indizione in sé della gara deve formare oggetto di immediata impugnazione a pena di inammissibilità del gravame.
In ogni caso, anche a voler ritenere che la stazione appaltante della gara autonoma avesse imposto negli atti di gara una sorta di autovincolo circa la necessità di effettuare una valutazione comparativa dei prezzi sia ex ante che ex post (ossia all’esito della procedura di gara), occorre tuttavia rilevare che la valutazione ex ante effettuata in vista della gara, in cui si richiamava anche la prescritta relazione alla Corte dei conti, esprimeva, in estrema sintesi, che i lotti Consip non fossero in grado di coprire il fabbisogno nazionale della SA stessa.
Emerge, dunque, secondo i giudici, la volontà inequivoca di fare ricorso al meccanismo derogatorio rispetto alla convenzione Consip, e ciò anche sulla base di una comparazione di costi in quel momento già effettivamente avvenuta.
Da tanto consegue che l’onere di impugnazione da parte del ricorrente doveva essere riferito alla nota del 2020 e non alla proposta di aggiudicazione del 2021.
Di conseguenza, il ricorso è stato respinto in quanto giudicato irricevibile.
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