Il ricorso all’affidamento diretto deve essere sempre motivato, anche in caso di appalti sottosoglia (ai quali spesso le SA ricorrrono tramite frazionamento artificioso) e non deve essere attuato in violazione del principio di rotazione degli appalti.
Si tratta di caratteri essenziali, in materia di contrattualistica pubblica ,e che un’Amministrazione Comunale ha totalmente disatteso, come si evince dall’Atto del Presidente ANAC del 13 settembre 2023, con il quale ha segnalato un modus operandi difforme dalle disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici e delle Linee Guida ANAC n. 4.
In particolare, nell’arco di 5 anni, su 222 appalti di lavori, la SA ha effettuato 206 affidamenti diretti e 16 procedure negoziate, cui si aggiungono solo 4 procedure aperte.
Il ricorso all’affidamento diretto è stato quindi lo strumento quasi esclusivo per l’affidamento di appalti di lavori, per altro quando l’istituto rappresentava – prima delle più recenti riforme – un’eccezione rispetto alla regola della procedura di evidenza pubblica, e necessitava, dunque, di un apparato motivazionale stringente.
Ribadisce ANAC che, come espresso nelle Linee Guida n. 4, il ricorso all’affidamento diretto deve essere debitamente motivato in ordine alle ragioni del ricorso a tale procedura, ed in merito ai criteri per la selezione degli operatori economici e delle offerte. Un ricorso così ampio a procedure semplificate (affidamenti diretti e negoziate), in luogo dell’espletamento di procedure aperte (solo 5 in ben 5 anni), costituisce, quantomeno, l’indice sintomatico di una carenza nella fase programmatoria, quale fase propedeutica nell’affidamento di appalti pubblici.
Secondo le stesse Linee Guida, infatti, “al fine di evitare un artificioso frazionamento dell’appalto, volto a eludere la disciplina comunitaria, le stazioni appaltanti devono prestare attenzione alla corretta definizione del proprio fabbisogno in relazione all’oggetto degli appalti, specialmente nei casi di ripartizione in lotti, contestuali o successivi, o di ripetizione dell’affidamento nel tempo”.
Emerge, dunque, la necessità di una programmazione mirata ed efficace. Stessa carenza programmatoria emerge in un’altra area della stessa amministrazione, con affidamenti diretti e frazionamento di molte commesse, che invece avrebbero dovuto essere considerate in via unitaria ed affidate attraverso procedure maggiormente competitive. Secondo l’Autorità, tale situazione integra una violazione dell’articolo 35 del D.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), secondo cui al fine di evitare un’applicazione strumentale del criterio di calcolo del valore di un appalto, la scelta del metodo per il calcolo non può essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione del codice, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino.
Inoltre, la disposizione si applica anche agli appalti sotto soglia, per cui è da ritenersi illegittimo il frazionamento elusivo di un appalto avente lo scopo di sottrarlo alle diverse procedure stabilite dal codice per le diverse soglie di affidamenti. Il divieto di frazionamento di un appalto assurge, infatti, a principio generale, avente la finalità di sottrarre da indebite ed arbitrare scelte di “comodo” l’affidamento diretto di commesse che richiedono procedure di evidenza pubblica.
Nella valutazione del modus operandi della SA, è emersa anche la violazione del principio di rotazione, con ben 29 affidamenti diretti allo stesso operatore. Spiega ANAC che il principio di rotazione assume valenza generale, valevole anche per gli affidamenti diretti, nei quali deve essere garantita l’effettiva possibilità di partecipazione alle micro, piccole e medie imprese ed evitare lo stabilizzarsi di rendite di posizione in capo ad alcuni operatori, cui possono derivare vantaggi dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento, soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti non è elevato.
La stazione appaltante è tenuta al rispetto del principio di rotazione degli inviti, al fine di favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei e di evitare il consolidarsi di rapporti esclusivi con alcune imprese.
Tale principio, che nelle procedure negoziate comporta il divieto di reinvito dell’aggiudicatario, nonché dell’operatore invitato non aggiudicatario, negli affidamenti diretti ex art. 36 comma 2 lett. a) del D.lgs. n. 50/2016 prevede il divieto di riaffidamento nei confronti del contraente uscente.
Il divieto di riaffidamento non assume valenza assoluta, in quanto si ritiene ammissibile una deroga da parte della stazione appaltante che reinviti o riaffidi al contraente uscente, purché motivi in maniera puntuale la scelta “in considerazione della particolare struttura del mercato e della riscontrata effettiva assenza di alternative, tenuto altresì conto del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento” (Linee Guida n. 4).
Conformemente, anche il Consiglio di Stato reputa pienamente rispondente ai principi di proporzionalità, economicità ed efficacia dell’attività amministrativa la possibilità di deroga in capo alla stazione appaltante “ferma la necessità che la motivazione relativa dia esplicitamente conto della non ricorrenza nel singolo caso dell’ipotesi di un arbitrario ed elusivo frazionamento della commessa, assumendo a tal fine come riferimento un periodo pari a tre anni solari”.
Sebbene, infatti, l’elevato grado di soddisfazione, inerente all’esecuzione a regola d’arte, alla qualità della prestazione, al rispetto dei tempi e dei costi pattuiti dei precedenti contratti conclusi, possa, in linea astratta, giustificare il riaffidamento e consentire una deroga al principio di rotazione, tuttavia, l’applicazione dello stesso “non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce; ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto; alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici; affidamenti o inviti disposti, senza adeguata giustificazione, ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali opera il divieto di invito o affidamento.”.
Un’ipotesi applicabile, conclude ANAC, al caso in esame, in cui la stazione appaltante, spacchettando in maniera artificiosa vari appalti ha affidato gli stessi, in via diretta e senza alcuna procedura ai medesimi operatori, in assenza di qualsiasi motivazione.
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