La stazione appaltante deve definire l’importo a base d’asta svolgendo un’adeguata istruttoria sui costi della manodopera, in modo da garantire un effettivo confronto concorrenziale, tutelando così gli stessi lavoratori.
Una condotta sicuramente non seguita da un ente, che ha indetto una procedura per l’affidamento di servizi di vigilanza armata e antincendio proponendo una base d’asta troppo bassa per poter rispettare le tabelle ministeriali sul costo del lavoro e quindi garantire una retribuzione adeguata.
Lo spiega bene il TAR Toscana con la sentenza del 9 aprile 2024, n. 389, che ha disposto l’annullamento di una gara, riconoscendo la violazione di quanto previsto dall’art. 41, commi 12, 13 e 14, d.lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici).
L’importo a base d’asta, pari a 230mila euro, comprendeva anche i costi della manodopera, che la stazione appaltante ha stimato in 218mila euro, calcolati sulla base del CCNL di riferimento. Si trattava per altro della riedizione di un primo bando di gara con alcune differenze sia sulla tipologia di prestazione richiesta che sul criterio di selezione delle offerte, a fronte però della stessa base d’asta.
Secondo la ricorrente, l’importo stabilito dalla SA non avrebbe consentito la formulazione di un’offerta seria e competitiva, nel rispetto delle garanzie retributive e del diritto dell’impresa ad ottenere un minimo di remuneratività dall’appalto.
Un orientamento condiviso dal giudice amministrativo, che ha richiamato la normativa di riferimento:
La normativa prevede dunque che la base d’asta debba essere elaborata in base al costo determinato nelle tabelle ministeriali e che i costi della manodopera e della sicurezza siano scorporati dall’importo assoggettato al ribasso.
Il legislatore impone l’indicazione separata in offerta del costo del personale proprio per tutelare il diritto dei lavoratori ad una giusta retribuzione ed evitare dunque che il confronto concorrenziale possa produrre effetti negativo su tale diritto.
Non solo: sempre a tutela del diritto dei lavoratori ad una retribuzione dignitosa, l’art. 110, comma 4 del d.lgs. n. 36/2023 (già art. 97, comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016), prevede che non siano ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge.
È chiaro che anche la stazione appaltante, nello stabilire la base d’asta, debba tenere conto del costo indicato nelle tabelle ministeriali e dei minimi inderogabili. Sul punto, la giurisprudenza ha evidenziato che “…una base d’asta che si fondi su un costo della manodopera più basso rispetto a quello che emerge dalle Tabelle ministeriali non è di per sé causa di illegittimità della legge di gara; lo diventa allorquando vi deroga in termini macroscopici, quando non garantisce ragionevolmente la possibilità di presentare offerte congrue, e quando viola il trattamento normativo e retributivo previsto dalla contrattazione collettiva nei confronti del lavoratore” .
Nel caso in esame, il costo della manodopera, stimato dalla Stazione appaltante e rapportato al monte ore complessivo nel biennio, ha determinato di fatto un costo orario molto inferiore rispetto a quanto indicato nelle tabelle ministeriali.
Il ricorso è stato quindi accolto, annullando il bando e tutti gli atti collegati: la SA non ha svolto un’approfondita istruttoria sul costo della manodopera per determinare l’importo da indicare a base di gara, tale da consentire l’effettivo confronto concorrenziale e, al contempo, la tutela dei lavoratori.
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