Avvalimento temporaneo e permanente e valore fidefacente dell’attestazione SOA sono i temi al centro della recente sentenza del TAR Calabria 1 luglio 2024, n. 1050, relativa a una controversia avente ad oggetto una procedura aperta per la conclusione di accordi quadro finalizzati all’affidamento di lavori di restauro e rifunzionalizzazione della Biblioteca Nazionale di Cosenza.
L’avvalimento temporaneo ex art. 89 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici) risponde esclusivamente all’esigenza di sopperire alla mancanza in capo al concorrente che partecipa ad una specifica procedura di affidamento di un requisito richiesto dalla lex specialis della singola gara; l’avvalimento permanente, invece, è il generale metodo di qualificazione degli operatori economici previsto per i lavori dall’articolo 83, c. 2, del D.Lgs. 50/2016, con cui un’impresa può dimostrare all’organismo di attestazione il possesso dei mezzi e risorse necessarie per l’ottenimento della certificazione SOA richiesta.
In particolare, il TAR ha dichiarato infondato il primo motivo, con cui la ricorrente ha lamentato l’asserita mancanza ‘in proprio’, da parte della prima classificata, co-aggiudicataria dell’Accordo Quadro, dei requisiti di qualificazione richiesti dalla lex specialis (attestazione SOA).
Il TAR ha, infatti, ritenuto che l’attestazione prodotta in gara dalla prima classificata comprovasse il possesso ‘in proprio’ del requisito di qualificazione richiesto, correttamente attestato tramite la certificazione SOA da questa prodotta.
Sul punto, il Collegio ha ricordato che, come da condiviso orientamento della giurisprudenza amministrativa, le SOA “svolgono una funzione pubblicistica di certificazione…e le attestazioni di qualificazione…sono peculiari atti pubblici, destinati ad avere una specifica efficacia probatoria fino a querela di falso”.
La pubblica valenza accertativa delle attestazioni SOA è consacrata all’art. 60, c. 3 del d.P.R. n. 207/2010, il quale precisa che l’attestazione di qualificazione SOA costituisce “condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici”.
Da ciò ne discende la duplice conseguenza per cui:
Quindi il possesso della qualificazione era correttamente attestato dalla prima classificata e l’Amministrazione era vincolata, in considerazione della “natura fidefacente” della stessa.
Nel tracciare i relativi distinguo tra l’istituto dell’avvalimento temporaneo e di quello permanente, quest’ultimo “non riferito ad una specifica gara, ma finalizzato all’acquisizione della certificazione SOA e, quindi, alla qualificazione permanente dell’operatore economico, che viene abilitato per l’intera durata dell’attestazione SOA alle gare pubbliche”, il tribunale calabro ha, inoltre, osservato che nella specie veniva in rilievo un prestito permanente dei requisiti.
Si tratta di una forma speciale di avvalimento, configurata dall’art. 52 della direttiva CE del 31 marzo 2004 n. 18, prevista dall’art. 50 del d.Lgs. n. 163/2006 e disciplinata dall’art. 88 del d.P.R. n. 207/2010. Sebbene l’istituto non sia stato riproposto nel d.Lgs. n. 50/2016, la giurisprudenza pacifica lo ritiene ancora operante, con la conseguenza che non è possibile attribuire al “prestito permanente” i limiti e i divieti dell’avvalimento “temporaneo” di cui all’art. 89 del D.Lgs. 50/2016, che non lo riguardano, pena la violazione dei principi di “legalità” e “tassatività delle cause di esclusione”.
Sulla scorta di tali considerazioni, il TAR ha ritenuto che non potesse neppure ritenersi sussistere alcuna violazione dell’art. 146 del d.Lgs. n. 50/2016 che, per gli appalti nel settore dei beni culturali, preclude il ricorso all’“istituto dell’avvalimento di cui all’articolo 89 del presente codice”, vietando la dimostrazione del possesso delle qualificazioni SOA mediante il c.d. “cumulo alla rinfusa”.
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