La distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione fa capo alla previsione di cui all’art. 100, d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei Contratti Pubblici) che dà alle stazioni appaltanti la facoltà di richiedere agli operatori concorrenti, in aggiunta al possesso dei “requisiti” e delle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 83, ulteriori “requisiti particolari”.
In particolare, la giurisprudenza colloca tra i requisiti di esecuzione gli elementi caratterizzanti la fase esecutiva del servizio così distinguendoli dai primi, che sono invece necessari per accedere alla procedura di gara, in quanto requisiti generali di moralità (ex art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016) e requisiti speciali attinenti ai criteri di selezione (ex art. 83, d.lgs. n. 50 del 2016).
A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 27 giugno 2024, n. 5691, pronunciandosi sul ricorso per l’annullamento dell’aggiudicazione in favore di un operatore che, secondo il ricorrente non sarebbe stato in possesso, fino alla fine dell’affidamento, di uno dei requisiti di idoneità richiesto dal disciplinare, ma solo fino a una certa data. Il caso in eame riguarda un appalto consistente nella somministrazione di un servizio di mensa ospedaliera e tra i requisiti di idoneità era inclusa la disponibilità di un centro per la preparazione dei pasti.
Già il TAR in primo grado aveva specificato la differenza tra “requisiti di partecipazione alla gara” e “requisiti per l’esecuzione del contratto”, applicandoli poi al caso in esame, sottolineando come la distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione fa capo alla previsione di cui all’art. 100, d.lgs. n. 50 del 2016 che – nel dare recepimento alla normativa eurocomune e, segnatamente, alla previsione di cui all’art. 70 della direttiva 2014/24 e all’art. 87 della direttiva 2014/25 – facoltizza le stazioni appaltanti a richiedere agli operatori concorrenti, in aggiunta al possesso dei “requisiti” e delle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 83, ulteriori “requisiti particolari”.
La giurisprudenza colloca tra i requisiti di esecuzione gli elementi caratterizzanti la fase esecutiva del servizio così distinguendoli dai primi, che sono invece necessari per accedere alla procedura di gara, in quanto requisiti generali di moralità (ex art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016) e requisiti speciali attinenti ai criteri di selezione (ex art. 83, d.lgs. n. 50 del 2016).
In particolare, i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto, pur potendo essere considerati nella lex specialis come elementi dell’offerta, a volte essenziali, più spesso idonei all’attribuzione di un punteggio premiale.
Sul punto è intervenuta la Corte di giustizia UE, chiarendo come una specifica capacità prestazionale possa rientrare nell’alveo dei requisiti di partecipazione, sebbene inerente stricto sensu alle concrete modalità di svolgimento della futura attività contrattuale, dunque dell’offerta, giustificandosi con il rafforzamento dell’esigenza per la stazione appaltante di assicurarsi, a monte, che coloro che partecipano alla gara dimostrino di poter essere nelle condizioni di svolgere determinate prestazioni richiedenti caratteristiche operative peculiari.
Tale esigenza è tuttavia controbilanciata dal principio secondo cui il fatto di obbligare gli offerenti a soddisfare tutte le condizioni di esecuzione dell’appalto sin dalla presentazione della loro offerta costituisce un requisito eccessivo che, di conseguenza, rischia di dissuadere tali operatori dal partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti e, in tal modo, viola i principi di proporzionalità e di trasparenza.
Rileva il Collegio che la regolazione dei requisiti di esecuzione va rinvenuta nella lex specialis, con la conseguenza che:
Sebbene si tratti di distinzione non ancorata a parametri oggettivi e fonte di potenziali incertezze, la giurisprudenza si è dimostrata, nondimeno, propensa a valorizzarla in una più comprensiva prospettiva proconcorrenziale, legittimando la prospettica disponibilità in executivis di requisiti di troppo onerosa acquisizione preventiva.
Per altro, specifica Palazzo Spada, secondo un principio giurisprudenziale posto a salvaguardia dell’attendibilità delle offerte e della serietà della competizione, nonché dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, in caso di incertezza interpretativa va preferita una interpretazione delle clausole del bando nel senso che i mezzi e le dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto, soprattutto quando valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio per l’offerta tecnica, devono essere individuati già al momento della presentazione dell’offerta, con un impegno del concorrente ad acquisirne la disponibilità, a carattere vincolante, ovvero compiutamente modulato dalla stazione appaltante quanto alla serietà ed alla modalità della sua assunzione o alle condizioni e ai termini di adempimento dell’obbligazione futura.
Applicando questi principi al caso in esame, il Disciplinare di gara ha espressamente chiarito che la dimostrazione del possesso del requisito dovesse essere resa almeno 10 giorni prima la stipula del contratto. Nessun dubbio, quindi, che il possesso costituisse requisito di esecuzione e che l’OE abbia dichiarato di possederlo nei tempi previsti, sebbene non per l’intero arco dell’appalto.
Per il Consiglio ciò rappresenta un “falso innocuo”, posto che le dichiarazioni non veritiere non avevano assunto un ruolo determinante ai fini dell’aggiudicazione del servizio, non trattandosi di requisito di partecipazione con possibile esclusione.
Si ha falso innocuo od inutile (e, quindi, una concreta manifestazione di un “reato impossibile” per inesistenza dell’oggetto od inidoneità dell’azione ex art. 49, comma 2, cod. pen.) quando – secondo un giudizio da svolgersi ex ante – non v’è alcuna possibilità di offendere l’interesse protetto; nulla consente obiettivamente di affermare che l’aver reso la prima dichiarazione in ordine al possesso, per tutta la durata del contratto, ha inciso sulla conclusione del contratto.
Ciò anche alla stregua della disciplina speciale applicabile alle procedure di affidamento, in relazione al canone di tassatività delle fattispecie di esclusione e in particolare dell’articolo 80, comma 5, lettera f-bis), del d.lgs. n. 50/2016, il quale, nel sanzionare con l’esclusione la presentazione da parte dell’operatore di “documentazione o dichiarazioni non veritiere”, presuppone pur sempre che si tratti di documentazione rilevante ai fini delle determinazioni della stazione appaltante ovvero di dichiarazioni relative a circostanze o requisiti che formano oggetto di obblighi dichiarativi a carico del concorrente.
Se infondato è quindi il motivo d’appello sull’aggiudicazione in favore dell’OE privo parzialmente del requisito di esecuzione, Palazzo Spada ha invece rinvenuto la fondatezza dell’appalto sulla mancata verifica della anomalia della offerta sul rispetto dei minimi salariali nei costi della manodopera e del rispetto dei minimi salariali ex art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016, che è valutazione diversa dal costo orario medio.
Sul punto ricorda il TAR che l’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016 al secondo alinea chiarisce che “Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’art. 97, comma 5, lettera d)”; l’art. 97, comma 5, precisa che “La stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4 o se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l’offerta è anormalmente bassa in quanto: ….”; alla lett. d) continua “d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.
Di tale verifica non vi è traccia nella documentazione versata in atti, motivo per cui l’appello è stato parzialmente accolto.
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