La mancata o la tardiva produzione delle giustificazioni non può comportare l’automatica esclusione dell’offerta sospettata di anomalia, perché in questi casi la stazione appaltante deve comunque procedere con la valutazione, anche soltanto sulla base della documentazione posseduta.
Sulla base di questi presupposti il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, con la sentenza del 10 marzo 2025, n. 53 ha respinto il ricorso proposto dal gestore uscente e che si era classificato al secondo posto nell’ambito di una procedura aperta per l’affidamento di servizi integrati.
Secondo il ricorrente, l’offerta dell’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dal sub procedimento di verifica dell’anomalia e quindi dalla gara perché dopo la richiesta da parte della SA dei giustificativi dell’offerta risultata anomala, l’impresa li ha inviati in un file con un formato non leggibile per motivi tecnici, e li ha reinoltrati nuovamente solo oltre il termine di quindici giorni contemplato dall’art. 110, comma 2, del D.lgs. n. 36 del 2023 e dal disciplinare di gara.
Un ritardo che, a parere dell’OE ricorrente, avrebbe dovuto portare all’esclusione della controinteressata.
Non solo: anche i criteri di valutazione utilizzati per l’attribuzione del punteggio dell’offerta tecnica avrebbero violato i principi di par condicio e del giusto procedimento, punteggio per altro assegnato da una commissione non adeguata.
Tutte tesi che non hanno convinto il TRGA: i giustificativi sono stati inviati tempestivamente, ma per un disguido la stazione appaltante inizialmente non è stata in grado di leggerli per un mero fatto tecnico e l’OE ha rinviato la stessa documentazione, senza che fossero presenti i presupposti per addebitare un ritardo nell’invio della documentazione.
Sul punto, il giudice ha richiamato la consolidata giurisprudenza secondo cui la mancata o anche la tardiva produzione delle giustificazioni dell’offerta non può comportare l’automatica esclusione dell’offerta sospettata di anomalia, perché in questi casi la stazione appaltante deve comunque valutare la stessa, anche sulla sola scorta della documentazione posseduta.
In riferimento ai criteri di valutazione, non sussistono elementi idonei a dimostrare la sussistenza di profili di manifesta illogicità o irragionevolezza nei giudizi espressi dalla commissione giudicatrice, che comprovino la sussistenza di macroscopiche differenze quali-quantitative tra gli elementi delle offerte oggetto di valutazione o l’espressione di giudizi nel loro complesso oggettivamente sbilanciati e sviati in favore di uno dei concorrenti a discapito dell’altro.
Sotto questo aspetto, il TRGA ha ricordato un altro costante orientamento della giurisprudenza secondo cui “la valutazione delle offerte tecniche, effettuata dalla Commissione attraverso l’espressione di giudizi e l’attribuzione di punteggi, a fronte dei criteri valutativi previsti dal bando di gara, costituisce apprezzamento connotato da chiara discrezionalità tecnica sì da rendere detta valutazione non sindacabile salvo che sia affetta da manifesta illogicità”.
In riferimento alla nomina della Commissione, il giudice trentino ha richiamato l’art. 93 del D.lgs. n. 36/2023, il quale prevede che le nomine dei componenti della commissione giudicatrice debbano essere “compiute secondo criteri di trasparenza, competenza e rotazione”.
Sul piano procedimentale la nomina risulta effettuata in modo conforme alla normativa vigente, così come non si può affermare che i componenti della commissione sarebbero stati privi dei requisiti di professionalità richiesti.
Per altro, non è necessario che i commissari possiedano individualmente tutte le competenze necessarie per valutare le offerte, perché le professionalità dei vari membri possono integrarsi reciprocamente, e che è corretto che siano presenti anche le professionalità necessarie a valutare le esigenze dell’Amministrazione e i concreti aspetti gestionali ed organizzativi sui quali il servizio sia destinato ad incidere l’atto di nomina della commissione e la scelta dei singoli commissari.
Infine, legittima anche la scelta della stazione appaltante di non suddividere l’oggetto della gara in più lotti: ai sensi dell’art. 58 del d.Lgs. n. 36/2023, la mancata suddivisione in lotti costituisce una facoltà per l’Amministrazione che deve essere adeguatamente motivata e nel caso in esame la delibera a contrarre ha osservato che “la previsione di fornitura tramite un appalto integrato in un unico lotto è giustificata dalla necessità di uniformare e ottimizzare la gestione tecnico manutentiva in un contesto caratterizzato da complessità organizzativa e da complessità tecnologica”.
Si tratta di una motivazione che spiega sufficientemente la scelta compiuta da parte dell’Amministrazione, con piena legittimità e conformità di tutta la procedura di gara, motivo per cui il ricorso è stato respinto.
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