Un operatore economico può essere escluso per “grave illecito professionale” sulla base di un rinvio a giudizio per frode nelle pubbliche forniture? In che modo le misure di self cleaning incidono sulla valutazione di integrità e affidabilità? E fino a che punto il giudice amministrativo può sindacare le scelte discrezionali della stazione appaltante?
Sono interrogativi che riguardano tutti gli operatori nel settore degli appalti pubblici, dove la perdita di affidabilità può avere effetti immediati e particolarmente rilevanti. A fornire preziosi chiarimenti in materia è il Consiglio di Stato con la sentenza del 2 luglio 2025, n. 5710, che si sofferma sul rapporto tra illecito professionale, discrezionalità della stazione appaltante e possibilità di recupero attraverso il self cleaning.
La vicenda prende le mosse da una gara bandita per l’affidamento di servizi, dalla quale il ricorrente è stato escluso in seguito al rinvio a giudizio dei propri rappresentanti per frode nelle pubbliche forniture.
La stazione appaltante ha ritenuto che tale circostanza fosse sufficiente a far venir meno i requisiti di integrità e affidabilità richiesti dal Codice dei contratti, sottolineando anche l’assenza di misure di riorganizzazione o di prevenzione interna che potessero mitigare l’impatto dell’illecito.
Il giudizio di legittimità si fonda su tre disposizioni chiave del d.lgs. 36/2023:
Ed è proprio sulla base di queste coordinate normative che i giudici di Palazzo Spada hanno confermato la legittimità dell’esclusione, ribadendo che sebbene non basti la pendenza di un procedimento penale per determinare la perdita di affidabilità, è decisivo verificare se i fatti contestati siano idonei a incidere sul rapporto fiduciario tra operatore e amministrazione.
Nel caso esaminato, la frode contestata riguardava proprio la gestione di un contratto analogo a quello oggetto di gara, e quindi risultava strettamente pertinente al giudizio di integrità professionale.
Il Collegio ha inoltre sottolineato che la valutazione della stazione appaltante non ha natura punitiva, bensì fiduciaria: ciò significa che l’amministrazione deve chiedersi se, alla luce delle vicende pregresse, sia ancora ragionevole riporre fiducia nell’operatore come futuro contraente.
Si tratta di un giudizio tecnico-discrezionale che il giudice amministrativo può sindacare solo per manifesta irragionevolezza o travisamento dei fatti, non certo sostituendosi alla stazione appaltante nella valutazione del merito.
Un ulteriore passaggio di rilievo riguarda il self cleaning: la società non aveva adottato alcuna misura di riorganizzazione o di prevenzione, come la sostituzione dei vertici, l’introduzione di modelli organizzativi o l’adozione di procedure interne di controllo. Questa inerzia è stata considerata un elemento negativo, rafforzando la percezione di inaffidabilità.
La sentenza dimostra come il concetto di “grave illecito professionale” non si esaurisca in una formula astratta, ma debba essere valutato in relazione concreta:
In questo senso, la discrezionalità riconosciuta alla stazione appaltante è molto ampia, proprio perché la fiducia nella controparte contrattuale non può essere imposta per legge, ma deve derivare da una valutazione sostanziale.
Allo stesso tempo, il richiamo al self cleaning evidenzia come sia necessario per gli OE dimostrare, attraverso azioni concrete e documentabili, la volontà di prevenire il ripetersi di condotte illecite e di tutelare l’affidabilità della propria organizzazione.
L’appello è stato respinto, confermando l’esclusione dell’operatore economico. Per chi opera nel settore emergono alcune indicazioni operative di rilievo:
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