Fino a che punto la stazione appaltante può intervenire per colmare le carenze della documentazione di gara? È possibile utilizzare il soccorso istruttorio quando mancano le dichiarazioni sui requisiti generali dei progettisti o la firma del legale rappresentante? E quali limiti derivano dal principio di autoresponsabilità e dall’identità soggettiva dell’operatore economico?
Sono questi i temi affrontati dal Consiglio di Stato con la sentenza del 23 settembre 2025, n. 7461, che offre un’interpretazione sistematica dell’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023, chiarendo i rapporti tra documentazione amministrativa, offerta tecnica e poteri integrativi della stazione appaltante.
Il caso trae origine da una procedura di appalto integrato per la progettazione e l’esecuzione di lavori pubblici. Uno dei concorrenti lamentava che l’aggiudicatario non avesse presentato le dichiarazioni sui requisiti generali del direttore tecnico e dei progettisti incaricati, e che l’indicazione del gruppo di progettazione provenisse non dal legale rappresentante dell’impresa, ma da un tecnico interno, privo di delega formale.
Secondo il ricorrente, la stazione appaltante aveva utilizzato in modo improprio il soccorso istruttorio, attivato per integrare la documentazione mancante e successivamente ritenuto adempiuto, sebbene alcune dichiarazioni fossero state trasmesse oltre il termine fissato.
La questione è quindi ruotata intorno a un punto essenziale: quando il soccorso istruttorio può dirsi legittimo e quando, invece, travalica i suoi limiti funzionali?
Il soccorso istruttorio è disciplinato dall’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023, che attribuisce alla stazione appaltante la facoltà di:
Il limite espresso dalla norma è netto: non sono sanabili “le omissioni, inesattezze e irregolarità che rendono assolutamente incerta l’identità del concorrente”. In altre parole, il soccorso istruttorio non può incidere sulla sostanza dell’offerta né alterare la certezza soggettiva della partecipazione.
A ciò si aggiunge l’art. 47, comma 2, del d.P.R. n. 445/2000, che ammette la possibilità che una dichiarazione sostitutiva possa essere resa anche da un soggetto delegato o responsabile del gruppo di progettazione, purché la riferibilità all’operatore economico sia chiara e inequivocabile.
Nel valutare la questione, il Collegio ha precisato che:
Di particolare rilievo è il passaggio in cui Palazzo Spada qualifica il soccorso istruttorio come:
“strumento integrativo o completivo (comma 1, lettera a) […] che mira al recupero di carenze della documentazione amministrativa, e al contempo sanante (comma 1, lettera b), poiché consente di rimediare ad omissioni o inesattezze, con il limite della irrecuperabilità di documentazione di incerta imputazione soggettiva”.
Il Collegio sottolinea che l’identità del concorrente non può essere rimessa in discussione attraverso l’attivazione del soccorso istruttorio, ma può essere confermata e completata se la documentazione è già riferibile con certezza all’operatore.
Quanto alla tardività dell’integrazione, la sentenza evidenzia che la produzione successiva è irrilevante quando il requisito era già stato soddisfatto nei termini. Così, la stazione appaltante può ignorare l’ulteriore documentazione “non richiesta e non necessaria”, purché l’adempimento principale sia tempestivo e conforme.
Infine, il Consiglio di Stato ha ritenuto corretta anche la dichiarazione unica del coordinatore del gruppo di progettazione, richiamando l’art. 47, comma 2, del d.P.R. n. 445/2000: “Le dichiarazioni sono state tutte validamente rese dal responsabile e coordinatore del gruppo di progettazione, anche per conto degli altri professionisti, ai sensi dell’art. 47, comma 2, d.P.R. 445/2000”.
Il Consiglio di Stato ha quindi respinto l’appello e confermato la legittimità del soccorso istruttorio, ribadendo che:
La pronuncia si colloca in linea con l’orientamento giurisprudenziale più recente, che considera il soccorso istruttorio uno strumento di razionalizzazione procedimentale, ma non un mezzo di rimedio sostanziale.
L’obiettivo è evitare l’esclusione automatica per meri errori formali, mantenendo però integro il principio di concorrenza. Si rafforza così il principio di proporzionalità: la sanzione espulsiva non può essere applicata in modo automatico quando è possibile regolarizzare in modo neutro la documentazione.
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