Aggiudicazione appalto senza gara: all’Adunanza plenaria la spettanza del risarcimento del danno

In caso di affidamento diretto, senza gara, di un appalto, è legittimo richiedere il risarcimento danni per equivalente derivante da perdita di chance da un’impresa che avrebbe che potuto concorrere?A chiarirlo sarà l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato a cui è stata rimessa la questione.Il caso riguarda un ricorso al Consiglio di Stato avverso una sentenza di primo grado che aveva condannato una stazione appaltante a risarcire il ricorrente i danni da questa subiti a causa dell’affidamento senza gara ad un’altra impresa di un appalto di servizi.In particolare, il TAR ha riconosciuto al ricorrente il ristoro per equivalente della chance di aggiudicazione di una gara che l’amministrazione avrebbe dovuto indire. Nel confutare le deduzioni difensive, la sentenza ha anche escluso che per vedersi risarcita la chance la ricorrente fosse tenuta a dimostrare la probabilità di aggiudicarsi il servizio “almeno superiore al 50%” e dunque “la propria superiorità rispetto a impresa a cui è stato affidato il servizio”. La sentenza ha fatto leva sulla natura della situazione giuridica azionata nel presente giudizio risarcitorio intesa “non come mancato conseguimento di un risultato possibile ma come sacrificio della possibilità di conseguirlo”. A ogni modo nella sentenza di primo grado è stata sottolineata la “concreta chance di aggiudicazione dell’appalto” da parte della ricorrente, dimostrata dall’«apprezzabile» fatturato annuo realizzato.Sulla base di queste premesse, il risarcimento del danno è stato quantificato dal giudice di primo grado nella misura del 2% dell’importo della convenzione (oltre interessi di legge dal momento della pubblicazione della presente decisione e fino al saldo).Preliminarmente i giudici di Palazzo Spada hanno rilevato come l’illegittimità dell’affidamento diretto è stata accertata in via definitiva dalla III Sezione del Consiglio di Stato (sentenza parziale n. 26 dell’8 gennaio 2013). Per quanto riguarda l’appello promosso contro la sentenza di primo grado, i giudici del Consiglio di Stato hanno rilevato l’infondatezza nella parte che riguarda i rapporti tra azione di annullamento e azione risarcitoria. In particolare, il ricorrente ha reiterato la tesi secondo cui la domanda risarcitoria proposta con separato ricorso anziché cumulata con la domanda di annullamento sarebbe inammissibile.Tale motivo è infondato perché nessuna norma del codice del processo amministrativo onera il ricorrente che impugni atti di procedure di affidamento di contratti pubblici di cumulare la domanda risarcitoria a quella di annullamento.Per quanto riguarda la questione se spetti, in caso di affidamento diretto, senza gara, di un appalto, il risarcimento danni per equivalente derivante da perdita di chance ad una impresa concorrente che avrebbe che potuto concorrere quale operatore del settore economico, Palazzo Spada ha rimessa la decisione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.Sul punto si registra un contrasto tra pronunce aderenti alla teoria della chance ontologica e quelle che invece optano per la chance eziologica. Nell’ambito della dicotomia dei danni risarcibili ex art. 1223 c.c., la teoria della chance ontologica configura tale posizione giuridica come un danno emergente, ovvero come bene giuridico già presente nel patrimonio del soggetto danneggiato, la cui lesione determina una perdita suscettibile di autonoma valutazione sul piano risarcitorio. La teoria eziologica intende, invece, la lesione della chance come violazione di un diritto non ancora acquisito nel patrimonio del soggetto, ma potenzialmente raggiungibile, con elevato grado di probabilità, statisticamente pari almeno al 50%. Si tratta dunque di un lucro cessante.L’Adunanza plenaria ha già chiarito che sull’argomento si registra un contrasto tra pronunce aderenti alla teoria della chance ontologica e quelle che invece optano per la chance eziologica:

  • secondo un primo orientamento, il risarcimento della chance, a fronte della mancata indizione di una gara, è condizionato dalla prova di un rilevante grado di probabilità di conseguire il bene della vita negato dall’amministrazione per effetto di atti illegittimi;
  • altri orientamenti hanno riconosciuto il risarcimento della chance vantata dall’impresa del settore. Ciò sulla base del rilievo che, in caso di mancato rispetto degli obblighi di evidenza pubblica (o di pubblicità e trasparenza), non è possibile formulare una prognosi sull’esito di una procedura comparativa in effetti mai svolta e che tale impossibilità non può ridondare in danno del soggetto leso dall’altrui illegittimità, per cui la chance di cui lo stesso soggetto è portatore deve essere ristorata nella sua obiettiva consistenza, a prescindere dalla verifica probabilistica in ordine all’ipotetico esito della gara.

La discriminante tra le due opposte configurazioni si incentra sul rilievo da attribuire alla possibilità di conseguire il bene della vita illegittimamente privato dall’amministrazione e, in particolare, sul grado di probabilità statistica.La questione è stata, dunque, rimessa alla decisione dell’Adunanza Plenaria.

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