Le varianti sembrano il metodo con cui le imprese tentano di recuperare il ribasso offerto in gara. A esprimere questo sospetto è l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), che ha aggiornato le informazioni registrate dalla Banca dati nazionale dei contratti pubblici.Secondo i dati trasmessi dalle Stazioni Appaltanti, il numero delle varianti complessivamente registrate nella Banca Dati dell’Autorità alla data del 30 maggio 2017 risulta essere pari a 614. Le varianti che superano il 10% dell’importo contrattuale sono in tutto 400.In totale, le varianti hanno portato ad un aumento dei costi pari a 1,3 miliardi di euro.In termini di numeri, l’89,5% elle varianti si registra nelle gare di importo fino a 5 milioni di euro. Queste varianti non hanno però un impatto significativo sugli importi, incidendo per circa il 24%.Al contrario, nelle gare di importo superiore a 5 milioni di euro, le varianti rappresentano il 10,5% in termini di numeri, ma hanno una incidenza in termini di importo del 75,93%.Il numero delle varianti presenti nella banca dati dell’Anac ammonta al 44% negli appalti aggiudicati a mezzo di procedura aperta o ristretta e al 22% negli appalti affidati mediante procedura negoziata.Il 28% delle varianti esaminate si riferisce ad appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’Anac sottolinea che, prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice Appalti, nelle gare aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la percentuale di varianti era del 12,6%, mentre negli appalti aggiudicati secondo il prezzo più basso si arrivava all’87,4%.Le varianti esaminate dall’Anac presentano la seguente distribuzione in relazione al ribasso di aggiudicazione dell’appalto:
– 58,25 % con ribasso tra 10 e 20%;
– 17,75 % con ribasso tra 20 e 30%;
– 24 % con ribasso oltre il 30%.
Il valore medio del ribasso di aggiudicazione per i contratti “variati” si attesta sul 25,69%, a fronte di un valore medio ordinario del ribasso per gli appalti di lavori pari al 19,74%.L’importo medio delle varianti rilevato dall’Anac è del 19% sull’importo dei lavori. Se si considerano gli appalti di importo superiore a 20 milioni di euro, la percentuale risulta più elevata (circa il 28%).Su 186 appalti di importo superiore a 1 milione di euro, l’Anac ha riscontrato che in numerosi casi la variante ha assorbito il ribasso di aggiudicazione, in tutto o in parte. In particolare 119 appalti (per una percentuale del 64% del totale analizzato) evidenziano varianti la cui la percentuale sull’importo contrattuale si colloca tra il 50% ed il 150% del ribasso di aggiudicazione. “In altre parole – conclude l’Anac – tali dati sembrerebbero avvalorare il sospetto che per il tramite delle varianti le imprese cerchino di recuperare il ribasso offerto in gara”.L’Anac è arrivata a questa conclusione già nel 2014, quando ha affermato che il 90% delle varianti serve a recuperare il ribasso.Dal vecchio al nuovo Codice Appalti la situazione non sembra quindi essere cambiata. Nel 2014 l’Anac ha individuato tre motivi per cui si ricorre all’ utilizzo di varianti: nel 63% dei casi per utilizzo di nuovi materiali, nel 53% per rinvenimenti imprevisti e nel 22% per opere di miglioramento al progetto. Alle varianti spesso sono collegate delle criticità, come la carente istruttoria sull’ammissibilità della variante da parte del Rup, gli errori di progettazione e le “varianti in sanatoria”, approvate in concomitanza dell’ultimazione dei lavori, al fine di regolarizzare le opere eseguite in sede di chiusura della relativa contabilità.Secondo l’Anticorruzione, visti i numeri del fenomeno delle varianti e l’impatto sui costi, si fa sempre più pressante l’esigenza della qualificazione delle stazioni appaltanti per le attività di progettazione ed esecuzione degli appalti.Il nuovo Codice Appalti (D. lgs. 50/2016), per evitare sprechi di risorse pubbliche ha introdotto il principio in base al quale ogni Stazione Appaltante deve gestire gare adeguate alle proprie capacità organizzative. Al momento però non è stato ancora approvato il decreto attuativo.In base all’articolo 149 del Codice Appalti, sono considerati varianti in corso d’opera gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio, finalizzati a prevenire e ridurre i pericoli di danneggiamento o deterioramento dei beni tutelati, che non modificano qualitativamente l’opera e che non comportino una variazione in aumento o in diminuzione superiore al venti per cento del valore di ogni singola categoria di lavorazione, nel limite del dieci per cento dell’importo complessivo contrattuale, qualora vi sia disponibilità finanziaria nel quadro economico tra le somme a disposizione della stazione appaltante.Sono ammesse, nel limite del 20% in più dell’importo contrattuale, le varianti in corso d’opera rese necessarie, posta la natura e la specificità dei beni sui quali si interviene, per fatti verificatisi in corso d’opera, per rinvenimenti imprevisti o imprevedibili nella fase progettuale, per adeguare l’impostazione progettuale qualora ciò sia reso necessario per la salvaguardia del bene e per il perseguimento degli obiettivi dell’intervento, nonché le varianti giustificate dalla evoluzione dei criteri della disciplina del restauro.
L’articolo Anac: ‘le varianti in corso d’opera costano 1,3 miliardi di euro’ sembra essere il primo su Di. Sa. S.r.l..
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