Il principio di legalità in materia sanzionatoria – immanente allo Stato di diritto – trova base nell’art. 1, primo comma, della l. 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui «Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione», in applicazione dell’art. 25 Cost., per il quale «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».Ne deriva che le fattispecie soggette a sanzione amministrativa si caratterizzano per tipicità e determinatezza. Sicché resta esclusa l’integrazione analogica della norma sanzionatrice per estenderne l’applicazione a ipotesi ivi non contemplate (cfr. Cass., II, 22 maggio 2007, n. 11826, 22 gennaio 2004, n. 1081, I, 8 agosto 2003, n. 11968; da Cons. Stato, VI, 28 giugno 2010, n. 4141 in tema di sanzioni AVCP per le SOA).Le indicazioni dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – AVCP (oggi, Autorità nazionale anticorruzione – ANAC) hanno la funzione di definire canoni oggettivi di comportamento per gli operatori del settore, la cui violazione può essere senz’altro presunta come un’ipotesi di negligenza per gli specifici effetti dell’art. 70, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 (cfr. Cons. Stato, VI, 18 settembre 2015, n. 4358).Nondimeno, in rispetto del rammentato principio di legalità in materia sanzionatoria e di ragioni generali di sicurezza giuridica, occorre che siffatte indicazioni non tengano luogo di fattispecie illecite per legge inesistenti e che specifichino con chiarezza e precisione la condotta che si arriva dover presumere contra-legem.
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