Appalti e varianti in corso d’opera: massimo aumento consentito. Variazione dell’importo contrattuale rispetto a quello originario: esiste una percentuale massima consentita in caso di una variante in corso d’opera motivata ai sensi dell’art. 106, comma 1, lettere c) e b) del vigente Codice degli Appalti? Ed essa va applicata all’appalto nel suo complesso o alle singole voci di costo? Nel merito ha risposto, con il parere n. 983/2021, il Supporto Giuridico del Servizio Contratti Pubblici – Direzione generale per la regolazione dei contratti pubblici e la vigilanza sulle grandi opere del MIMS.
Ricordiamo che il D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici) all’art. 106 disciplina la “Modifica di contratti durante il periodo di efficacia”. In particolare il comma 1 stabilisce che “Le modifiche, nonché le varianti, dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende. I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento” nel caso di:
[…] b) lavori, servizi o forniture, supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell’appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente produca entrambi i seguenti effetti, fatto salvo quanto previsto dal comma 7 per gli appalti nei settori ordinari:c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni, fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari dal comma 7:
Al riguardo, il comma 7 stabilisce che in tali casi l’“aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale”.
Secondo il supporto giuridico, le modifiche di cui all’art. 106, c. 1 lett. b) e c) del Codice possono essere compiute:
Nel primo caso va fatto riferimento a quanto espresso dall’art. 106, c. 7: “[…] il contratto può essere modificato se l’eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale […], dove per “prezzo” va inteso il corrispettivo totale di appalto.
Nel secondo caso bisogna invece considerare l’art. 108 del Codice, ossia “(…) le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di sua efficacia, se con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettere b) e c) sono state superate le soglie di cui al comma 7. Quindi la percentuale massima consentita è del 50% sul valore complessivo dell’appalto. Diversamente va effettuata una nuova procedura di affidamento.
Inoltre nel settore dei beni culturali non trova applicazione il limite dell’art. 106 ma quello previsto dal comma 2 dell’art. 149 ossia il cosiddetto quinto d’obbligo con un limite pari al 20%.
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