La digitalizzazione degli appalti dovrebbe portare alla semplificazione, ma di fatto, al momento sembra esserci molta confusione e non poche difficoltà per operatori e stazioni appaltanti. Abbastanza controverso, ad esempio, è l’utilizzo delle piattaforme certificate anche per i c.d. “microaffidamenti”, ovvero gli appalti sotto i 5mila euro e per i quali ANAC ha deciso, proprio per agevolare le stazioni appaltanti e a seguito dell’aggiornamento della risposta del Supporto Giuridico del Servizio Contratti Pubblici del MIT fornita con il Parere del 27 luglio 2023, n. 2196, di estendere l’utilizzo della propria interfaccia web di servizi fino al 30 settembre 2024.
La conferma di questo “regime transitorio” arriva con il Comunicato del Presidente del 10 gennaio 2024: in questo modo, per il primo periodo di operatività della digitalizzazione, le amministrazioni potranno svolgere attraverso l’interfaccia web ANAC le ordinarie attività di approvvigionamento in caso di impossibilità o difficoltà di ricorso alle Piattaforme di Approvvigionamento Digitale (PAD), così da garantire una serie di servizi quali la pubblicità legale e la trasparenza degli atti di gara, ai sensi degli articoli 27 e 28 del codice, consentendo la trasmissione in tempo reale delle informazioni necessarie, oltre che la possibilità di utilizzare appieno il FVOE per le verifiche previste.
ANAC specifica anche che:
La scelta di un’operatività transitoria, spiega il presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia, “è funzionale a garantire, da parte della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, una serie di servizi quali la pubblicità legale e la trasparenza degli atti di gara, consentendo la trasmissione in tempo reale delle informazioni necessarie nonché la possibilità di utilizzare appieno il fascicolo virtuale dell’operatore economico per le verifiche previste”.
La decisione è prova delle difficoltà che stazioni appaltanti, enti concedenti e operatori stanno incontrando nell’attuazione del processo di digitalizzazione del ciclo di vita degli appalti: per stessa ammissione del presidente Busia, “Le nuove previsioni rappresentano una rivoluzione nel mondo della contrattualistica pubblica che, superata l’inziale fase di necessario adeguamento, apporterà notevoli benefici in termini di semplificazione, razionalizzazione e velocizzazione delle procedure, con evidente e apprezzabile risparmio di costi e tempi”.
L’utilizzo delle PAD anche per i microaffidamenti era già stato precisato dal MIT con la risposta fornita al citato parere n. 2196/2023, recentemente aggiornata, nel quale si conferma che nel nuovo codice dei contratti, all’art. 25 è stato previsto, dal 1° primo gennaio 2024, l’obbligo per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di utilizzare le piattaforme di approvvigionamento digitale per svolgere tutte le procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, piattaforme certificate secondo le regole tecniche di cui all’articolo 26.
Un parere che ha lasciato spazio a non pochi dubbi, dato che, come hanno fatto notare esperti in materia, il Supporto Giuridico sembrerebbe non tenere conto di quanto disposto dagli artt. 48 e 62 del Codice, per i quali “restano fermi gli obblighi di utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa”. Il riferimento è alla legge n. 296/2006, che invece non prevede alcun obbligo di utilizzare strumenti di negoziazione o di acquisto per i cd. micro-affidamenti infra 5mila euro e che il MIT sembra non ritenere invece più valida.
Non solo: l’utilizzo delle piattaforme certificate per i microaffidamenti significherà richiedere il CIG tramite esse, con procedure che potrebbero rivelarsi complesse per operatori non proprio esperti e senza particolare dimestichezza nell’utilizzo degli strumenti digitali.
Sembrerebbe quindi in atto un vero e proprio paradosso, che rischia di trasformare le procedure in complicazione digitale.
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