In caso di procedura di affidamento di appalto integrato, il progettista definitivo non va automaticamente escluso, se la SA dimostra che la gara si è svolta tutelando i principi di concorrenza.
Ne ha parlato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 5499/2022, inerente il ricorso presentato da due società risultate inizialmente prime due classificate nella graduatoria di una procedura negoziata, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b), d.l. n. 76 del 2020, convertito con legge n. 120/2020, per l’affidamento congiunto di un appalto integrato per la progettazione esecutiva, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, ed esecuzione dei lavori relativi all’intervento di miglioramento e adeguamento sismico di un edificio scolastico.
Secondo uno dei concorrenti, le due società designate per la progettazione esecutiva avevano già preso parte alla progettazione definitiva degli stessi interventi, ragion per cui andavano escluse dalla gara e il TAR aveva confermato la tesi.
Di diverso avviso invece Palazzo Spada, richiamando quanto disposto dall’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici). In particolare, la norma prevede che:
Come spiega il Consiglio, la ratio della previsione è quella di evitare che nella fase di selezione dell’appaltatore dei lavori gli interessi di carattere generale ad essa sottesi possano essere sviati a favore dell’interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di progetto “ritagliato ‘su misura’ per quest’ultimo, anziché per l’amministrazione aggiudicatrice” e la competizione per aggiudicarsi i lavori risulti falsata – anche alla luce del maggior compendio tecnico-informativo disponibile al progettista – a vantaggio dello stesso operatore.
Il divieto si propone di assicurare le condizioni di indipendenza e imparzialità del progettista rispetto all’esecutore dei lavori, necessarie affinché il primo possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione assegnatagli dall’amministrazione, anche “di ausilio alla P.A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati”.
La norma però non introduce una causa automatica e insuperabile d’esclusione a carico del progettista coinvolto nella successiva fase esecutiva, bensì determina un regime di “inversione normativa dell’onere della prova”. In sostanza, la norma pone a carico dell’operatore economico aggiudicatario l’onere di dimostrare che l’esperienza acquisita nell’espletamento dell’incarico di progettazione non abbia determinato un vantaggio tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori in fase di gara.
In questo caso, l’onere probatorio è stato assolto e la stazione appaltante ha assunto un’espressa posizione, attraverso un provvedimento di riesame, indicando gli elementi che, sulla base di quanto esposto nelle Linee Guida n. 1 dell’Anac, risulterebbero idonei a superare la presunzione posta dall’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016 di incoimpatibiliità dei progettisti.
Secondo le Linee Guida, ai fini della prova ex art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016, è “almeno necessario – in coerenza con quanto previsto per le consultazioni preliminari di mercato – mettere a disposizione di tutti gli altri candidati e offerenti le medesime informazioni messe a disposizione – anche in formato editabile – nella gara bandita per la progettazione e prevedere termini adeguati, nella gara relativa all’appalto dei lavori, per la ricezione delle offerte, in modo da consentire agli altri concorrenti di elaborare le citate informazioni” (Linee Guida n. 1, cit., par. n. 2.2).
Nel caso in esame, sono stati messi a disposizione di tutti concorrenti tutti i documenti in formato editabile attinenti alla progettazione definitiva ed è stato disposto al contempo dalla stazione appaltante un differimento del termine per la presentazione delle offerte.
L’amministrazione si è quindi concretamente adoperata per scongiurare ipotesi di vantaggi informativi e – più in generale – competitivi in favore di alcuni operatori in ragione della pregressa attività di progettisti dei medesimi interventi, e nel far ciò ha dato prova di essersi espressamente allineata ai principi (ragionevolmente) affermati dall’Anac.
In riferimento alle cause d’esclusione, Palazzo Spada non ravvisa unaa distorsione concorrenziale derivante dalla precedente attività progettuale tale da imporre l’esclusione del concorrente,per cui non può ritenersi integrata la causa espulsiva dell’art. 80, comma 5, lett. e), d.lgs. n. 50 del 2016.
Non si ravvisa nemmeno la causa escludente ex art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50/2016 relativa alla sussistenza di un unico centro decisionale. Su questo il Consiglio ricorda che è necessario tenere un approccio gradualista e progressivo:
“l’accertamento della causa di esclusione in esame passa attraverso un preciso sviluppo istruttorio:
In questo caso non basta che le due prime classificate abbiano indicato quali progettisti esecutivi due soggetti facenti parte in passato dello stesso raggruppamento investito dell’attività di progettazione definitiva: si tratta di un elemento isolato, di per sé neutro, e tale da non disvelare una situazione di collegamento di natura sostanziale fra i concorrenti.
Per altro, l’esito della gara costituisce un posterius che, così come non vale a comprovare la sussistenza di una situazione d’incompatibilità ex art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, parimenti non rileva – in difetto di altri elementi addotti dall’appellante al riguardo – ai fini dell’individuazione di un unico centro decisionale ex art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016.
Il ricorso è stato quindi accolto: la Stazione Appaltante ha messo tutti i concorrenti nelle stesse condizioni di partecipare alla progettazione esecutiva, per cui si è messa in pratica, in maniera legittima, l’eccezione prevista dall’art. 24, comma 7 del Codice dei Contratti.
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