CAM negli appalti: quando sono davvero obbligatori?

CAM negli appalti: quando sono davvero obbligatori?

L’inserimento dei criteri ambientali minimi (CAM) nei bandi di gara rappresenta uno degli strumenti principali per garantire sostenibilità e responsabilità ambientale negli appalti pubblici. La loro applicazione pratica risulta però spesso oggetto di contenzioso: non sempre è chiaro quando le stazioni appaltanti debbano effettivamente includerli, con il rischio di ricorsi fondati sull’omessa previsione dei criteri ministeriali.

Da qui i dubbi: esistono dei limiti all’obbligo di inserire i criteri ambientali minimi (CAM) nei bandi di gara? Le stazioni appaltanti devono prevederli in ogni procedura, oppure solo quando l’appalto rientra nelle categorie coperte dai decreti ministeriali?

CAM negli appalti: quando sono davvero obbligatori?

A fare chiarezza sul punto è il Consiglio di Stato con la sentenza del 19 agosto 2025, n. 7074, relativa a un appalto multilotto per l’affidamento di servizi di gestione di asili nido.

Secondo l’operatore economico escluso, l’omessa previsione dei CAM nel bando per la gestione degli asili nido avrebbe comportato un vizio di legittimità e inciso sulla congruità del prezzo posto a base d’asta. La tesi poggiava sull’idea che i servizi accessori avrebbero dovuto attrarre l’intera procedura nell’ambito applicativo del decreto del 2021.

 

CAM appalti: il quadro normativo

L’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici) stabilisce che le stazioni appaltanti devono inserire, nella documentazione di gara, almeno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM, definiti per specifiche categorie di appalti e concessioni.

I criteri ambientali minimi non sono quindi un principio astratto da applicare sempre e comunque, ma presuppongono l’esistenza di un decreto ministeriale che ne abbia fissato i contenuti per quella particolare tipologia di affidamento.

Per i servizi di pulizia e sanificazione, ad esempio, richiamati nel ricorso in esame, si applica il D.M. 29 gennaio 2021, che definisce i CAM per edifici e ambienti ad uso civile o sanitario.

 

La decisione del Consiglio di Stato

Fermo restando l’irricevibilità del motivo per impugnazione tardiva del bando, il Collegio ha chiarito che i CAM devono essere inseriti solo quando esiste un decreto ministeriale specifico per la categoria di appalto.

Di conseguenza, l’inserimento dei CAM non è obbligatorio:

  • quando le prestazioni non rientrano nell’oggetto principale del contratto;
  • oppure vengano affidate a un soggetto diverso dall’aggiudicatario.

Nel caso in esame:

  • il D.M. 29 gennaio 2021, richiamato dal ricorrente, riguardava esclusivamente i servizi di pulizia e sanificazione di edifici civili o sanitari (accessori rispetto all’oggetto dell’appalto), non i servizi educativi e socioassistenziali oggetto della gara;
  • tali servizi accessori sui quali la SA avrebbe dovuto richiamare i CAM erano affidati ad altri soggetti, distinti dall’aggiudicatario della gestione degli asili nido.

Di conseguenza, non vi era alcun obbligo di applicare i Criteri nella gara in contestazione e la censura è stata ritenuta infondata.

 

Conclusioni operative

L’appello è stato respinto, confermando la piena legittimità dell’aggiudicazione.

La sentenza offre indicazioni pratiche utili alle stazioni appaltanti:

  • la corrispondenza tra tipologia di appalto e decreti CAM disponibili va sempre verificata: l’obbligo non è generalizzato, ma circoscritto.
  • non è corretto fare estensioni improprie, applicando un decreto CAM a servizi diversi da quelli espressamente previsti.
  • la corretta individuazione delle prestazioni principali e accessorie consente di evitare contenziosi.

Il principio che emerge è che i CAM, pur essendo strumento centrale della sostenibilità negli appalti, devono essere applicati nel rispetto del perimetro normativo, senza forzature che rischiano di compromettere la validità della procedura.

 

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