Caro materiali e appalti, operatore non può chiedere la modifica dell’importo della gara.
Un operatore non può pretendere in fase di gara la rimodulazione dell’importo a base d’asta imputando la variazione al caro prezzi. Lo conferma il TAR Lombardia, con la sentenza n.1343/2022, che ha confermato la revoca di aggiudicazione di alcuni lotti di una gara, disposta da una Stazione Appaltante nei confronti di un operatore.
Secondo il ricorrente, il RUP non ha preso in considerazione le osservazioni presentate sui prezzi a base d’asta, che sarebbero stati troppo bassi, senza valutare la situazione del mercato e il loro mancato adeguamento. Di conseguenza, a seguito dell’aggiudicazione di alcuni lotti, sarebbe stato illegittimo non adeguare il corrispettivo dovuto. La risposta in tal senso della Stazione Appaltante è stata chiara: revoca dell’aggiudicazione, escussione della garanzia e scorrimento della graduatoria.
Sul punto, il TAR ha dato ragione alla stazione appaltante. Come ha spiegato il giudice amministrativo, il disciplinare di gara prevede che i corrispettivi restino immutati nel corso dell’esecuzione. Pretendere la variazione da parte dell’operatore è illegittimo, perché la documentazione di gara è chiara nel prevedere l’impossibilità di adeguamento dei prezzi, avvertendo i partecipanti alla gara della circostanza che l’alea ricade necessariamente sugli stessi operatori.
Quindi la rimodulazione dei corrispettivi prima della stipula del contratto (e, quindi, in una fase differente dall’esecuzione) è illegittima anche perché altera il confronto tra gli operatori, finendo per “premiare” il concorrente che indica il prezzo maggiormente competitivo, salvo poi predicare l’insostenibilità delle condizioni originarie del contratto, determinate anche in ragione delle proprie offerte.
Non esiste di fatti alcuna regola o principio che possa supportare la pretesa ad ottenere una commessa alterando prima della stipula le condizioni economiche a cui lo stesso operatore si vincola nella formulazione dell’offerta. Da questo punto di vista, le mutate condizioni del mercato che rendano non remunerativa l’offerta possono legittimare un ritiro dell’operatore dalla gara o, come nel caso in esame, la non accettazione della stipula ma non supportare la pretesa ad ottenere la commessa a prezzi differenti e senza riapertura di un nuovo dialogo competitivo.
Di conseguenza, non possono essere richiamati gli istituti posti a governo delle sopravvenienze contrattuali che, per l’appunto, riguardano la fase di esecuzione del contratto e le alterazioni che possono generarsi nel corso della durata del negozio ma non si riferiscono, invece, ad una fase antecedente alla stipula ove l’eventuale insostenibilità si traduce nella possibilità di non sottoscrivere il contratto.
L’istanza di revisione del prezzo formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto non è supportata da alcuna previsione legale in quanto effettuata in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non è giuridicamente ipotizzabile né ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto già in corso.
Per quanto riguarda l’escussione della garanzia, la questione è stata rimessa al giudice ordinario perché essa non è conseguenza automatica di un provvedimento amministrativo autoritativo, ma consequenziale determinazione dell’Amministrazione dinanzi al rifiuto della parte di stipulare il contratto.
La cauzione infatti è:
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la legittimità dell’esclusione, senza entrare però nel merito dell’escussione della garanzia che è una questione di natura contrattuale e che attiene al giudice ordinario.
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