Il massimo ribasso scelto per l’aggiudicazione di un appalto non è un criterio che impedisce la partecipazione ad una gara e, quindi, non è immediatamente impugnabile.Lo ha affermato la Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia con la sentenza 4760/2017 che ha respinto il ricorso presentato contro un bando di gara che prevedeva come criterio di aggiudicazione quello del massimo ribasso. In particolare, il ricorrente aveva chiesto l’annullamento del bando di gara, del disciplinare, del capitolato speciale d’appalto, della delibera di approvazione degli atti di gara e di ogni altro atto connesso e consequenziale.La motivazione espressa riguardava la necessità di utilizzare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in luogo a quello del massimo ribasso scelto dalla stazione appaltante.I giudici di primo grado hanno ricordato che l’onere di immediata impugnazione del bando o del disciplinare di gara sussiste solo in caso di clausole escludenti, tra cui quelle che impediscono la partecipazione alla gara, o prescrivono requisiti soggettivi di ammissione o di partecipazione alla gara arbitrari e discriminatori.Nel caso in esame, il criterio del prezzo più basso non è autonomamente lesivo, in quanto non preclude la partecipazione alla gara dell’impresa ricorrente, né le impedisce di formulare un’offerta concorrenziale La lesività della sfera giuridica derivante dalla scelta del criterio contestato non può, infatti, essere percepita con la pubblicazione del bando ma è (in via eventuale) destinata ad attualizzarsi soltanto a seguito di un provvedimento successivo che renda concreto ed attuale l’interesse all’impugnazione, non essendo allo stato escluso che la ricorrente divenga aggiudicataria della gara.Il Tar, nella sua trattazione, ha inoltre ricordato un tasto dolente che riguarda l’abrogazione apportata dal D.Lgs. n. 56/2017 (c.d. decreto correttivo) dell’art. 211, comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. codice appalti). La previsione contemplata dall’art. 211 comma 2 del d.lgs. 50/2016, relativo alla cosiddetta autotutela “doverosa” attivabile dalla stazione appaltante, su impulso dell’ANAC, al fine del ripristino della legalità procedurale, è stata abrogata dall’art. 123 d. lgs. 56/2017. Tale disposizione riservava all’ANAC, nell’esercizio delle proprie funzioni, la possibilità di intervenire al fine di sollecitare la stazione appaltante a rimuovere i vizi di legittimità rinvenuti negli atti della procedura di gara. La norma prescindeva dall’interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione e mirava, invece, al corretto svolgimento delle procedure di appalto nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini. Non vi era comunque spazio per un’immediata impugnazione del bando da parte di singoli potenziali partecipanti alla gara.
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