Dalla “contaminazione culturale” della Commissione che ha messo in piedi lo schema di Decreto Legislativo di riforma del Codice dei contratti pubblici alle aspettative e condizioni affinché le nuove regole possano funzionare.
C’è davvero di tutto nella Relazione introduttiva del Presidente di sezione del Consiglio di Stato, Luigi Carbone, al Convegno dell’Istituto Jemolo dal titolo “Il nuovo codice degli appalti – La scommessa di un cambio di paradigma: dal codice guardiano al codice volano?”.
Un intervento che evidenzia l’estro e la vivacità intellettiva di un professionista che oltre a definirsi “Presidente di sezione del Consiglio di Stato” parla di sé come “pianista, compositore e arrangiatore, ma di professione Napoletano“. Singolari le sue parole “Non mi rassegno all’idea che il piano abbia solo 88 tasti, e il pianista soltanto due mani e due piedi. Troppo poco per il mio entusiasmo e per l’energia che cerco di profondere anche nella vita extramusicale“. E da ottimo musicista Carbone evidenzia le parti salienti che hanno condotto alla nascita dell’orchestra che ha messo a punto il nuovo Codice dei contratti e i punti salienti dei libri di cui si compone.
La relazione introduttiva all’evento, che ha data precedente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 36/2023, si apre con un doveroso e appassionato omaggio al compianto Presidente Franco Frattini che Carbone definisce “un maestro, per me anche un fratello maggiore“.
Prima di entrare nel dettaglio del “viaggio” che ha condotto allo schema di decreto legislativo utilizzato come base dal Governo per la definizione del D.Lgs. n. 36/2023, Carbone cita Dante e il Purgatorio, Canto XVI, verso 97: “le leggi son, ma chi pon mano ad esse?”. Una domanda che “calata” nel nostro ambito porta il Presidente del Consiglio di Stato a rilevare che oltre che organizzarle e metterle a sistema, le norme devono possedere un corpus che possa farle funzionare.
La relazione del Presidente Carbone è strutturata su 3 aspetti:
La prima parte della relazione evidenzia un fatto noto a tutti coloro i quali seguono la definizione di una legge delega e poi del Decreto Legislativo, ovvero le tempistiche sproporzionate.
Mentre la legge delega n. 78/2022 ha avuto quasi un anno di gestazione dopo la presentazione del disegno di legge (luglio 2021), per la definizione dello schema il Consiglio di Stato ha avuto circa tre mesi e mezzo con dentro l’estate.
La prima bozza “riservata” del Codice viene condivisa con il Governo il 20 ottobre 2022 e da qui comincia una fase di interlocuzione che porta alla definizione di una prima rilettura presentata dal Presidente Frattini il 7 novembre 2022 e a cui è seguita una seconda rilettura con affinamenti del testo (tenendo anche conto di alcune delle risultanze del tavolo tecnico nel frattempo costituito dal nuovo Governo). Poi sono stati definiti:
Il progetto definitivo è stato consegnato al Governo il 7 dicembre 2022 ed è stato pubblicato sul sito web della Giustizia amministrativa il 13 dicembre.
Relativamente alle modalità di definizione della riforma, il Presidente Carbone parla di percorsi innovativi che spiega in quattro punti:
Viene poi evidenziato “l’inesistente trade off tra legalità ed efficienza”.
Relativamente alla “squadra” di codificatori viene evidenziato come la stessa sia stata composta pensando ad un approccio multidisciplinare. Per questo motivo la Commissione, benché composta da un panel di giuristi molto ampio (con la presenza di componenti della Cassazione, della Corte dei Conti, dell’Avvocatura dello Stato, professori e avvocati), ha avuto al suo interno tanti non giuristi e soprattutto economisti e ingegneri, tra i quali.
Figure che hanno consentito di testare le norme e riscrivere direttamente alcune disposizioni tra cui ad esempio quelle sulla progettazione, sulle anomalie delle offerte, sulle modalità di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla suddivisione in lotti, sulla qualificazione degli operatori.
“In conclusione sul punto – afferma Carbone – direi che questa Commissione speciale che ho avuto l’onore di coordinare era, sì, del Consiglio di Stato, ma si caratterizzava per la “contaminazione culturale”, per la sua natura inclusiva e multidisciplinare alquanto inusuale e coraggiosa“.
Considerate le tempistiche molto ristrette, si è manifestata la necessità di scrivere un Codice non in sequenza ma in parallelo e per questo motivo la Commissione è stata suddivisa in 6 gruppi, coordinati ciascuno da presidenti di sezione del Consiglio di Stato (in totale, i coordinatori erano otto, perché i gruppi 1 e 2 avevano tre coordinatori, così come i gruppi 3 e 4).
“A questi “fantastici otto” presidenti – Gabriele Carlotti, Roberto Giovagnoli, Fabio Taormina, Carlo Saltelli, Hadrian Simonetti, Claudio Contessa, Giancarlo Montedoro e Michele Corradino – e al consigliere Gianluca Rovelli, un vero e proprio capo di gabinetto della Commissione speciale, va gran parte del merito di questo lavoro“, commenta Carbone.
Gli argomenti (e le relative lettere della delega) erano così suddivisi tra i gruppi:
I gruppi si sono suddivisi a loro volta in sottogruppi, ciascuno dedicato a singole misure, e hanno lavorato contemporaneamente, producendo sei bozze di altrettanti Libri del codice (poi i Libri sono diventati cinque, perché il lavoro dei gruppi 2 e 3 è stato assemblato in un unico, grande Libro sull’appalto, tranne la digitalizzazione che è andata nel primo Libro). L’ultimo periodo di tempo è stato dedicato esclusivamente al coordinamento.
Da qui la conseguenza di un Codice ripartito in libri, suddivisi in parti:
La seconda parte della relazione è dedicata ai contenuti di questi libri con 16 pillole.
In allegato la relazione completa che vale la pena leggere in modo approfondito.
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