Il Consiglio di Stato con parere n. 1119 del 26 aprile 2018 relativo allo schema di Regolamento sull’esercizio dei poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione di cui all’art. 211, commi 1 bis e 1 ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016 si è espresso favorevolmente con osservazioni e considerazioni su molteplici punti del provvedimento. Nel dettaglio, i Giudici di Palazzo Spada segnalano, tra l’altro, che:
allorquando la norma di legge (comma 1 ter dell’art. 211) usa l’espressione “può”, piuttosto che attribuire all’Autorità una facoltà o un diritto potestativo, la autorizza ovvero la abilita a porre in essere attività che, secondo i principi generali dell’ordinamento, non le spetterebbero. Il “può” conferisce in effetti all’Autorità una legittimazione straordinaria ed eccezionale in ragione della funzione (vigilanza e controllo sugli appalti pubblici) che le è stata assegnata dalla legge;
la fonte del potere regolamentare in questione è data dalla disposizione del comma 1 quater dell’art. 211 del Codice, che demanda all’Autorità “la possibilità di individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1 bis e 1 ter”. Se è vero che la predetta disposizione ha attribuito all’Autorità il (solo) potere di individuare i casi in cui essa può esercitare i poteri speciali di cui ai commi 1bis e 1ter dello stesso art. 211, è pur vero che il potere regolamentare di cui si discute non può non prevedere anche la disciplina – per così dire interna – delle modalità con cui nel caso concreto quei poteri, previsti dalla legge e come delimitati dalle stesse previsioni regolamentari, sono esercitati: si tratta invero di una disciplina “funzionale” a quello specificamente oggetto della delega, senza la quale risulterebbe impossibile o rischierebbe di essere irragionevole, irrazionale o arbitrario la stessa disciplina della materia strettamente oggetto della delega. In tal senso la Commissione Speciale è dell’avviso che il Regolamento in esame abbia natura mista, in parte attuativo della delega (artt. 3, 4, 6, 7) ed in parte organizzativo (artt. 5, 8 -15);
in mancanza di una precisa individuazione da parte del legislatore ed in considerazione dell’ampia discrezionalità di cui è sul punto titolare l’Autorità, la fissazione di tetti particolarmente elevati (indicati nell’art. 3, comma 2, in 25 milioni di euro per i lavori ed in 50 milioni di euro per servizi e fornitura) potrebbe addirittura svuotare di contenuto pratico la stessa previsione, limitando la legittimazione straordinaria a situazioni minimali, laddove non può escludersi che il legislatore abbia inteso prevedere incisive possibilità di intervento;
risulta generico e poco chiaro il richiamo operato ai fini della qualificazione di “contratti di rilevante impatto” al potenziale elevato numero di operatori; ugualmente oscuro, generico e fonte di equivoco appare anche il riferimento – sempre ai fini qualificatori in discussione – ai “contratti riconducibili a fattispecie, criminose, situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti”;
dalla elencazione degli atti impugnabili vanno espunti gli “atti normativi”, che mal si prestano ad essere sottoposti all’esercizio dei poteri (amministrativi) di vigilanza e di controllo dell’Autorità ed al connesso esercizio del diritto di azione innanzi al giudice amministrativo;
la individuazione delle fattispecie legittimanti potrebbe essere di per sé sufficiente per il pieno rispetto della delega ma, in ogni caso, nell’elencazione di cui al comma 2 dell’articolo 6 dello schema di Regolamento la previsione della lettera c) (“divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture”) dovrebbe essere sostituita con “atti afferenti a rinnovi taciti”, mentre alla lettera e) andrebbe prevista, oltre alla mancata esclusione di un concorrente per il quale ricorra uno dei motivi previsti dall’art. 80 del Codice, anche la (illegittima) ammissione di un concorrente per il quale ricorra uno dei motivi previsti dallo stesso art. 80 del Codice. Tra le gravi violazioni andrebbe poi inserita anche una previsione per i bandi o altri atti indittivi di procedure ad evidenza pubblica che contengano clausole o misure ingiustificatamente restrittive della partecipazione e più in generale della concorrenza.
Il Regolamento è stato posto dall’Anac in consultazione dal 4 al 24 gennaio 2018 e che lo schema di regolamento consta di 4 Capi e di 17 articoli. Il Capo I attiene alle “Disposizioni generali” (artt. 1 e 2); il Capo II disciplina il “Potere di cui all’art. 211, comma 1 bis – Ricorso diretto” (artt. 3 – 5); il Capo III disciplina il “Potere di cui all’art. 211, comma 1 ter – Ricorso previo parere motivato” (artt. 6 – 10); il Capo IV attiene alle “Disposizioni comuni, finali e transitorie” (artt. 11 – 17).In sede di conversione del d.l. n. 24 aprile 2017, n. 50 è stato inserito un testo sostitutivo (art. 211, commi 1-bis, 1-ter ed 1-quater) dell’abrogato art. 211, co. 2, del Codice dei contratti pubblici, che attribuisce all’Autorità Nazionale Anticorruzione un potere impugnatorio assimilabile a quelli già riconosciuti ad altre amministrazioni.
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