È questa, in pratica, la conclusione della sentenza del Consiglio di Stato 3 dicembre 2019,n. 8270
su una questione che ha trovato, qualche volta, opinioni contrastanti tra gli uffici tecnici comunali e i privati, in merito alla definizione di “lotto intercluso” ed alla necessità di definire un piano di lottizzazione per edificare un’area e al conseguente prolungamento dei tempi di approvazione da parte del Comune.
Nella sentenza del Consiglio di Stato è precisato che, differentemente dai casi di aree totalmente inedificate, si pone il problema in cui l’istanza edilizia riguardi un “lotto intercluso” o “lotto residuo”, ossia un’area compresa in zona totalmente dotata di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti, cioè da opere e servizi realizzati per soddisfare i necessari bisogni della collettività quali strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzionedel gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole, etc. Con l’eventuale definizione di lotto intercluso è possibile evitare il ricorso al piano di lottizzazione e rilasciare direttamente il permesso di costruire; ovviamente, in tale evenienza, gli uffici che devono rilasciare il permesso di costruire prima del rilascio dello stesso ed in assenza di uno strumento attuativo devono effettuare una verifica che non può essere limitata alle sole aree prossime e di contorno dell’edificio progettato, ma deve riguardare l’adeguatezza delle opere ai bisogni collettivi dell’intera zona che dovrebbe essere interessata dal piano. Ogni altra soluzione avrebbe evidentemente il torto di trasformare lo strumento attuativo in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore.
Inoltre, la valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione spetta unicamente al Comune ed è caratterizzata da un amplissimo margine di discrezionalità: pertanto non può essere sottoposta al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, salvo che sotto il profilo della palese illogicità ed irragionevolezza delle determinazioni assunte o per essere le determinazioni stesse inficiate da errori di fatto.
In conclusione a giudizio del Consiglio di Stato, affinché un’area possa essere definita “lotto intercluso”, si devono verificare le seguenti condizioni:
In termini urbanistico-edilizi, per poter qualificare l’area in termini di lotto intercluso non è necessaria l’interclusione del terreno da tutti i lati, bensì l’esistenza di un’area c.d. “relitto”, autonomamente edificabile perché già urbanisticamente definita, ossia compiutamente e definitivamente collegata e integrata con già esistenti opere di urbanizzazione (strade, servizi, piazze, giardini) e/o con altri immobili adiacenti.
In presenza del lotto intercluso, poiché la completa e razionale edificazione e urbanizzazione del comprensorio interessato ha già creato una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall’attuazione del piano esecutivo (piano particolareggiato, piano di lottizzazione, etc.), lo strumento urbanistico esecutivo si ritiene superfluo. In casi del genere è illegittima la pretesa del Comune di subordinare il rilascio del titolo edilizio alla predisposizione di un piano di lottizzazione, pur astrattamente previsto dallo strumento generale.
La fattispecie del lotto intercluso rappresenta, evidentemente, una deroga eccezionale al principio generale di cui all’art. 9 comma 2 D.P.R.n. 380-2001 per cui il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che si sia concluso il procedimento per la adozione dello strumento urbanistico attuativo e che lo stesso sia divenuto perfetto ed efficace.
Nelle situazioni intermedie, nelle quali il territorio risulti già, più o meno intensamente, urbanizzato, la giurisprudenza amministrativa ha adottato soluzioni più rigorose, ritenendo che il piano attuativo sia strumento indispensabile per l’ordinato assetto del territorio, stante il chiaro tenore dell’art. 9, comma 2, D.P.R. n. 380-2001, che costituisce regola generale ed imperativa in materia di governo del territorio, quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento.
Powered by WPeMatico