Contratti sottosoglia: mai più affidamento diretto mediato?

Contratti sottosoglia: mai più affidamento diretto mediato?

Cogliamo l’occasione, da queste colonne, per esaminare più in profondità il tema degli affidamenti sottosoglia così come declinati nella bozza del nuovo codice dei contratti pubblici, i cui punti di forza e le cui criticità erano passate in rassegna in un recente commento sul portale “Le autonomie” di ASMEL dal titolo “Commento alla bozza del nuovo Codice dei Contratti: nella sottosoglia solo affidamento diretto (puro) e procedura negoziata. deroga alla rotazione sotto i 5.000 euro”.

Le novità

Tante le novità dedicate ai contratti di importo inferiore alle soglie europee, a cominciare dal fatto che il RUP – in caso di aggiudicazione con il criterio dell’OEPV – potrebbe far parte della Commissione Giudicatrice e ricoprire il ruolo di Presidente, superando così il principio della c.d. virgin mind che invece caratterizza l’attuale assetto normativo regolato dall’art. 77 del Dlgs 50/2016 e che non esclude tale possibilità ma rinvia ad un apprezzamento discrezionale della Stazione Appaltante, ovviamente con tutte le criticità che ne conseguono. Fino alle nuove deroghe per la garanzia provvisoria e definitiva, passando per l’esclusione automatica; la rotazione (esclusa per affidamenti diretti infra 5.000 euro) e le verifiche ultra semplificate fino alla mini soglia di 40.000 euro.

La ripartizione per le procedure sottosoglia

Il seguente contributo muove tuttavia dall’esigenza di approfondire ulteriormente la ripartizione prevista per le procedure sottosoglia, ovvero l’affidamento senza gara e la procedura negoziata senza bando. Riteniamo infatti che l’aspetto maggiormente innovativo (anche se invero si tratta di una conferma degli istituti avviati provvisoriamente con i DL Semplificazioni) riguardi proprio l’eliminazione dell’affidamento diretto “mediato” introdotto con il decreto “Sblocca cantieri” (DL 32/2019, convertito in L 55/2019) e che prima delle disposizioni derogatorie ex DL 76/2020 e 77/2021 ha rappresentato una vera mannaia per gli addetti ai lavori, considerata l’illogica e contorta previsione di associare elementi tipici della procedura negoziata ad una modalità di scelta del contraente che dovrebbe distinguersi proprio per l’assenza di moduli selettivi e comparativi. Orbene, il nuovo art. 50 prevede, per affidamenti di importo inferiore ad euro 140.000 (la soglia sale di mille euro per servizi e forniture) che si possa procedere tramite affidamento diretto “anche senza consultazione di più operatori economici…”. Ma cosa significa quel “senza consultazione”? Il legislatore dovrebbe, una volta per tutte, chiarire il concreto significato del termine “consultare”, onde evitare che – nel tentativo di rendere più trasparenti, più aperte, più “ruotate” e meno discrezionali le procedure di affidamento diretto – ci si riduca, alla fine, a fare una procedura negoziata (a metà), servendo l’eventuale ricorso su un piatto d’argento.

Il problema

E’ chiara la funzione dispositiva della norma laddove consente – sempre all’interno del paradigma dell’affidamento diretto – forme di consultazione prodromiche all’individuazione del contraente. Il problema che ci poniamo, da tempo, è come debba esplicarsi tale forma di consultazione. Perché se la consultazione si riduce in una spinta agonistica tra una molteplicità di operatori economici, messi a confronto nell’ambito di un comune sistema di regole di partecipazione, facciamo fatica a pensare la stessa procedura nei ranghi di un affidamento diretto (si tornerebbe, in tal caso, a parlare di affidamento diretto <> o di negoziata sottosoglia); diversamente, se la consultazione coincide con percorsi di interrogazione / esplorazione del mercato, anche tramite l’acquisizione di più proposte/preventivi non tanto comparabili tra loro quanto singolarmente rispetto al fabbisogno della S.A. (quelle che la Corte di Cassazione ha definito a tecnicamente “trattative parallele”), al fine di individuare le condizioni offerte dal mercato e a quali costi, allora e solo allora l’affidamento diretto potrebbe dirsi comunque “puro” o meglio, un affidamento diretto vero e proprio. Ammettendone anche l’applicabilità, procedure ibride di consultazione strutturate come gare ma epurate delle relative clausole codicistiche sono quanto di più complicato un RUP possa prevedere per aggiudicare contratti. L’affidamento o è diretto, e allora spetta al Responsabile Unico del Procedimento motivare la congruità del fornitore scelto e della relativa offerta onde dimostrare il rispetto dei principi comuni; o è una gara (informale, ufficiosa o ufficiale che sia) e allora al RUP o alla Commissione spetta applicare i criteri predeterminati a monte della procedura comparativa. In tal caso il contraente/aggiudicatario viene scelto sulla base dell’applicazione di un criterio selettivo o di aggiudicazione ai sensi del codice, chiaramente vincolante per l’amministrazione procedente.

Dopo sei anni di interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali, di pareri del MIT e di soft law dell’ANAC indispensabili a dare un senso alla lettera della norma, ci sembra che la strada intrapresa – almeno per il sottosoglia comunitario – sia più virtuosa delle precedenti e che l’ambiziosa previsione di un Codice “auto applicabile” (l’aggettivo “auto applicativo” ci pare superfluo associato ad un Codice) sia per molti versi più coerente con i principi di certezza del diritto e di legalità.

 

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