Cosa accade se, in sede di gara, viene presentato un contratto di avvalimento scansionato, firmato digitalmente da una sola parte e in forma autografa dall’altra? È sufficiente per rispettare i requisiti dell’art. 104 del Codice dei contratti pubblici? E in che modo si concilia questa modalità con il principio del risultato?
A queste domande ha risposto il TAR Campania, con la sentenza del 14 luglio 2025, n. 5928, offrendo una lettura sistematica della normativa vigente e dei principi applicabili in materia di digitalizzazione e validità degli atti contrattuali nel contesto degli appalti pubblici.
La vicenda riguarda una procedura aperta indetta da una Regione ai sensi dell’art. 71, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023, per la conclusione di un Accordo Quadro articolato in due lotti. L’aggiudicazione è stata impugnata dal concorrente secondo classificato, che ha contestato la validità del contratto di avvalimento prodotto dall’RTI aggiudicatario.
Secondo la ricorrente, il contratto:
Da qui, la presunta violazione dell’art. 104 del Codice dei contratti, per difetto di forma scritta ad substantiam e assenza della marcatura temporale.
L’avvalimento, disciplinato dall’art. 104 del d.Lgs. n. 36/2023, è lo strumento mediante cui un operatore economico (concorrente) può beneficiare delle capacità di un altro soggetto (impresa ausiliaria) per partecipare a una gara pubblica. Tale meccanismo è previsto dal Codice per:
L’avvalimento si realizza con la sottoscrizione del contratto in cui l’ausiliaria mette a disposizione del concorrente dotazioni tecniche e risorse umane/strumentali per tutta la durata del contratto d’appalto.
È necessaria la forma scritta, a pena di nullità, con indicazione specifica delle risorse fornite.
Inoltre il contratto deve essere allegato alla domanda. In caso di omissione, la stazione appaltante deve attivare il soccorso istruttorio, legittimo solo qualora il contratto sia stato già redatto e datato anteriormente alla scadenza per la presentazione delle offerte.
Secondo il TAR, l’interpretazione proposta dalla ricorrente introdurrebbe un formalismo eccessivo non coerente con l’impostazione del nuovo Codice. Il processo di digitalizzazione – afferma il giudice – non può diventare “un percorso ad ostacoli” in grado di comprimere i principi fondamentali di concorrenza e massima partecipazione.
In questo senso, la giurisprudenza amministrativa – richiamando anche il principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023 – valorizza soluzioni inclusive, capaci di garantire la partecipazione degli operatori economici anche in assenza di strumenti digitali avanzati, purché sia comunque possibile ricondurre con certezza la documentazione al soggetto offerente.
In questa prospettiva, la firma digitale non può diventare un requisito di esclusione se la forma analogica è sufficiente a garantire l’identificabilità del soggetto e la serietà dell’impegno. L’esclusione automatica per ragioni formali si giustificherebbe solo se la documentazione fosse totalmente inidonea a dimostrare quanto dichiarato.
Sulla base di questi presupposti, il ricorso è stato respinto, confermando la legittimità dell’aggiudicazione e la validità del contratto di avvalimento, pur se presentato come scansione e firmato digitalmente da una sola parte.
Questo perché, spiega il Collegio:
Il TAR ha anche richiamato l’art. 65 del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. n. 82/2005), secondo cui anche le sottoscrizioni in formato analogico, se accompagnate da documento d’identità, sono equipollenti a quelle digitali e devono essere accettate dalla PA.
Infine, il principio del risultato impone un’interpretazione delle formalità coerente con il favor partecipationis e l’efficienza procedimentale.
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