La normativa nazionale impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti e preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato.Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, con Ordinanza 17 gennaio 2018,n.88 ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea le questioni relative alle suddette norme che andrebbero in contrasto con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva.Come sottolineato dai giudici del TAR, il rito di cui all’art 120 comma 2 bis del codice di procedura amministrativa obbliga l’operatore economico ad impugnare le ammissioni di tutti i concorrenti alla gara, senza sapere ancora chi sarà l’aggiudicatario e, parimenti, senza sapere se lui stesso si collocherà in graduatoria in posizione utile per ottenere e/o contestare l’aggiudicazione dell’appalto. Si impone quindi al concorrente di promuovere l’azione giurisdizionale senza alcuna garanzia che detta iniziativa possa garantirgli una concreta utilità, facendo carico anche all’operatore che abbia presentato un’offerta risultata poi non competitiva in esito alla selezione, di assumere gli oneri connessi all’esperimento immediato del giudizio, ossia di promuovere un ricorso inutile e non efficace.Secondo il TAR, la violazione ai principi comunitari si ravvisa in quanto l’attuale sistema impone a ogni ditta concorrente di:
Risulta netto il contrasto con il principio di effettività sostanziale della tutela assicurato dalla direttiva recepita (89/665), laddove prevede una decadenza di motivi ricorsuali deducibili nel momento in cui l’esigenza di tutela soggettiva diviene concreta ed attuale, cioè con l’aggiudicazione.La normativa nazionale, imponendo a tutti i concorrenti di far valere le cause di esclusione mediante l’immediata contestazione degli atti di ammissione alla gara, sanzionando la decadenza dalla possibilità di contestare l’ammissione dei concorrenti stessi al momento della formazione della graduatoria e dell’aggiudicazione dell’appalto, priva l’aggiudicatario del rimedio del ricorso incidentale da opporre a chi contesti l’aggiudicazione senza possedere i requisiti di ammissione alla gara.Al contempo ancora più grave, è il rischio che l’operare del nuovo meccanismo preclusivo finisca per rendere inattaccabili aggiudicazioni disposte in favore di soggetti privi dei requisiti di partecipazione, posti a presidio della corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali. Il TAR ritiene un tale esito contrastare anche, e soprattutto, con quella che è l’esigenza sottesa a tutta la regolamentazione europea e nazionale in materia di appalti pubblici: e cioè l’esigenza di assicurare che le commesse pubbliche vengano affidate al soggetto maggiormente idoneo, esigenza alla quale il confronto concorrenziale è funzionale e che inevitabilmente rimarrebbe frustrata ove si consentisse, in forza di quello che è un meccanismo di natura meramente processuale, di tenere ferma l’aggiudicazione pronunciata a favore di un aggiudicatario che risulti non possedere i requisiti di partecipazione alla gara.In conclusione, il TAR ritiene di dover sottoporre all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea i due seguenti quesiti:
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