Nell’ipotesi di demolizione e ricostruzione di un edificio (c.d. ristrutturazione “ricostruttiva”) è richiesta identità di volumetria e di sagoma. In difetto, l’intervento si configura una “nuova costruzione”, con la conseguente applicabilità anche delle norme sulle distanze tra gli edifici di cui al D.M. 1444/68. E in generale, prescindendo dalla qualificazione giuridica dell’opera, “le opere in edifici preesistenti costituenti modifiche di sagoma, ampliamenti e sopraelevazioni sono soggette al rispetto delle distanze legali“.Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza 12 ottobre 2017,n.4728 con la quale il Consiglio di Stato è intervenuto sul tema dell’applicabilità del D.M. 1444/68, in particolare nel caso di demolizione e ricostruzione di un edifici con lo stesso volume, superficie lievemente inferiore a quella preesistente ma “modesta traslazione lineare” dell’edificio ricostruito (per circa cinque metri).Il ricorso era stato presentato avvero una sentenza di primo grado che aveva rigettato il suo ricorso proposto avverso il permesso di costruire per la realizzazione di una nuova costruzione di tipo residenziale.Nella loro trattazione, i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato la definizione di “ristrutturazione edilizia” presente nel D.P.R. n.380/2001 e cambiata nel corso degli anni. In particolare, nella versione del 2013, sono presenti due distinti tipi di ristrutturazione:
In generale, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che la ristrutturazione edilizia si caratterizza per la diversità dell’organismo edilizio prodotto dall’intervento di trasformazione rispetto al precedente e che essa si distingue dalla nuova costruzione perché mentre quest’ultima presuppone una trasformazione del territorio, la ristrutturazione è invece caratterizzata dalla preesistenza di un manufatto, in quanto tale trasformazione vi è in precedenza già stata.In particolare, è con riferimento alla ipotesi di ristrutturazione “ricostruttiva” che è richiesta identità di volumetria e di sagoma, affermandosi altresì che, in difetto, si configura una nuova costruzione, con la conseguente applicabilità anche delle norme sulle distanze.Con riferimento alle ultime norme gli “interventi di ristrutturazione edilizia” cono definiti come “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”.Con riferimento alla ristrutturazione edilizia “ricostruttiva”, l’unico limite previsto è quello della identità di volumetria, rispetto al manufatto demolito, salve “innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”, e ad eccezione degli immobili sottoposti a vincolo ex d. lgs. n. 42/2004, per i quali è altresì prescritto il rispetto della “medesima sagoma di quello preesistente”.Il nuovo manufatto, se può sottrarsi ai limiti del rispetto dell’area di sedime e della sagoma, non di meno anche in tali casi è certamente tenuto al rispetto del limite delle distanze dal confine e/o da altri fabbricati, nel rispetto sia delle norme del codice civile sia di quelle previste dai regolamenti edilizi e dalla pianificazione urbanistica.Nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga comunque ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, esso – proprio perché “coincidente” per tali profili con il manufatto preesistente – potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze innanzi citate, in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava dette distanze (e magari preesisteva anche alla stessa loro previsione normativa).Nel caso in cui il manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, come pure consentito dalle norme, occorrerà comunque il rispetto delle distanze, proprio perché esso – quanto alla sua collocazione fisica – rappresenta un novum, come tale tenuto a rispettare – indipendentemente dalla sua qualificazione come ristrutturazione edilizia o nuova costruzione – le norme sulle distanze.Nel caso di specie, l’eliminazione della tettoia, con traslazione dell’edificio di modo che “dove prima era la tettoia ora è prevista la parte terminale a ovest dell’edificio” comporta che vi sia “nuovo” volume dove prima vi era la tettoia. Al fine della verifica del rispetto delle distanze, mentre non rileva che non vi sia incremento di volumetria, o che si rispetti l’allineamento della preesistente tettoia e della sua proiezione al suolo, ciò che rileva è che un volume “chiuso”, e quindi pienamente utilizzabile, prima arretrato si trovi ora posizionato dove prima non era, essendovi in precedenza al suo posto lo “spazio aperto” sottostante alla tettoia.Alla luce di quanto esposto, prescindendosi dalla qualificazione giuridica dell’opera, ed anche a voler parlare di ristrutturazione edilizia, i giudici di Palazzo Spada hanno affermato che “le opere in edifici preesistenti costituenti modifiche di sagoma, ampliamenti e sopraelevazioni sono soggette al rispetto delle distanze legali”.
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