Gli interventi di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quella preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, che non comporta modifiche dell’organismo edilizio, della destinazione d’uso, della superficie o della sagoma, sono assoggettati a segnalazione certificata di inizio attività.Lo ha affermato la Sezione VI del Consiglio di Stato con la Sentenza 18 ottobre 2017, n.4835 che ha accolto il ricorso presentato da una società per la riforma di una precedente sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricordo presentato contro il provvedimento di divieto di prosecuzione di segnalato inizio attività del Comune.I fatti traggono le loro origini da un permesso di costruire (PdC) che era stato rilasciato da un Comune per dei lavori di ristrutturazione, salvo poi essere annullato in autotutela a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale della variante NTA del piano regolazione generale. All’annullamento del PdC era seguita una sentenza del TAR che lo aveva confermato e un ordine di demolizione da parte del Comune.Ordine di demolizione impugnato e sospeso dal Tribunale Amministrativo che aveva accolto le ragioni della Società. A seguito di questa sentenza, la Società ricorrente ha presentato una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), rilevando che l’intervento in questione, per la sua natura, è sottoposto a SCIA, essendo stato “per errore” inizialmente richiesto il permesso di costruire.Alla richiesta della Società è seguito un telegramma con il quale il Comune ha comunicato alla società il “provvedimento di divieto di prosecuzione di segnalato inizio attività” e una successiva nota con cui ha comunicato la richiesta all’Agenzia delle entrate di determinare il valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite.Atti impugnati dinanzi al Consiglio di Stato.Palazzo Spada, per motivare l’accoglimento del ricorso, ha fatto una breve analisi del D.P.R. n.380/2001(c.d. Testo Unico Edilizia). In particolare:
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