Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 4759 del 13 ottobre 2017, si è pronunciato sui presupposti applicativi della sanatoria edilizia, così come previsto dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001.Il Collegio ha affermato che “l’istituto della sanatoria edilizia trova compiuta disciplina all’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il quale dispone che il permesso in sanatoria può essere ottenuto “se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.In particolare i giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che, nel caso di specie, “anche se l’edificio non è in tutto o in parte fisicamente esistente al momento dell’intervento richiesto (per effetto del crollo), non v’è ragione di classificarlo come nuova costruzione”. E ancora: “Un edificio può, infatti, dirsi esistente non solo quando “esista un organismo edilizio, seppur non necessariamente abitato od abitabile, connotato nei suoi caratteri essenziali, dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua (fedele) ricostruzione” (ex multis C.d.S., V, 10 febbraio 2004, n. 475), ma anche quando la sua più recente consistenza, precedente l’evento sismico o assimilato, sia apprezzabile compiutamente sulla base di aerofotogrammetrie e/o immagini satellitari di sicura veridicità”.
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