Può un operatore economico correggere un errore materiale nelle giustificazioni dopo che la stazione appaltante ha già disposto l’esclusione? Oppure la legittimità del provvedimento deve essere valutata esclusivamente sulla base della documentazione presentata in sede di verifica di anomalia?
Le risposte a queste domande tracciano il confine tra errore sanabile e modifica sostanziale dell’offerta, come spiega bene il TAR Lazio con la sentenza del 25 settembre 2025, n. 16638.
Il caso nasce da una gara europea indetta per l’affidamento di servizi di contact center. L’offerta della ricorrente, inizialmente prima in graduatoria, è stata sottoposta a verifica di anomalia poiché i costi per la manodopera risultavano inferiori a quelli stimati.
Durante le giustificazioni, la società ha indicato un numero medio di operatori a disposizione praticamente pario alla metà di quelli necessari per lo svolgimento del servizio; da qui la conclusione del RUP: l’offerta non garantiva il servizio richiesto, con una notevole sottostima dei costi del personale e un utile in realtà negativo.
L’OE ha poi sostenuto che si trattava di un mero errore di trascrizione dal foglio excel alla relazione, producendo solo in autotutela – dopo l’esclusione – una nuova tabella con i valori corretti.
Una tesi che il TAR non ha condiviso: vediamo il perché.
Il TAR ha respinto il ricorso, confermando la legittimità dell’esclusione. In particolare, ha spiegato il giudice, l’errore di trascrizione non era rilevabile dalla semplice lettura delle giustificazioni, motivo per cui la stazione appaltante non poteva accorgersene senza elementi esterni al documento.
La giurisprudenza ammette compensazioni tra voci di costo o modifiche tra giustificazioni, ma solo durante la fase di verifica di anomalia, non dopo la sua chiusura.
No quindi alla correzione ex post: la nuova ripartizione degli operatori presentata con l’istanza di autotutela, non può incidere sul provvedimento di esclusione già adottato.
Questo in virtù anche del tempus regit actum: la legittimità del provvedimento amministrativo si valuta con riferimento allo stato di fatto esistente al momento della sua adozione. Correzioni successive sono irrilevanti.
La sentenza ribadisce un punto fermo: la verifica di anomalia è un sub-procedimento con tempi e limiti precisi. La funzione non è quella di “aggiustare” l’offerta ex post, ma di consentire chiarimenti e giustificazioni in un perimetro definito.
Il TAR richiama implicitamente il principio di certezza procedimentale: se si ammettesse la correzione successiva, si trasformerebbe l’autotutela in una sorta di secondo tempo della verifica, alterando la par condicio tra concorrenti.
Interessante anche il passaggio sul riconoscimento dell’errore materiale: solo quelli immediatamente percepibili dalla lettura del documento possono essere sanati. Diversamente, la stazione appaltante non ha alcun obbligo di accertarli o di sollecitare ulteriori chiarimenti.
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la legittimità del provvedimento di esclusione disposto dopo la verifica di anomalia dell’offerta
Il controllo di anomalia non è quindi un “salvagente” illimitato in quanto:
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