L’omessa dichiarazione di una penale contrattuale nello svolgimento di un precedente contratto d’appalto non è condizione sufficiente per l’esclusione da una gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c) D.Lgs.n.50/2016 (c.d. Codice dei contratti), se la stessa non è stata confermata in sede giurisdizionale.Lo ha chiarito il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza 28 dicembre 2017,n. 575 con la quale ha fornito interessanti indicazioni in merito all’applicazione dell’art. 80, comma 5, lettera c) Codice dei contratti e all’impostazione delle Linee Guida Anac n.6 (Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice).Con sentenza di primo grado, i giudici del Tribunale Amministrativo Regionale accoglievano il ricorso presentato contro l’aggiudicazione di una gara per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lettera c) del Codice in quanto il legale rappresentante dell’aggiudicataria, nel dichiarare “di non essersi reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità (art. 80, comma 5, lett. c)”, avrebbe omesso di informare la stazione appaltante dell’applicazione di penali, per oltre un milione di euro, con riferimento ad uno stesso contratto di appalto stipulato con un’altra stazione appaltante.I TAR, accogliendo il ricorso, ha precisato che le concorrenti sono obbligate a dichiarare sempre e comunque l’applicazione delle penali nell’ottica della massima trasparenza, dovendo le circostanze concrete – quali la tenuità della penale, l’essere stata singolarmente applicata o l’essere stata contestata – essere offerte alla Stazione appaltante al fine di consentirle l’esercizio del potere discrezionale di valutazione nel modo più compiuto possibile.Ribaltando la tesi del giudice di prime cure, il Consiglio di Stato Siciliano ha ribadito un concetto espresso in primo grado, ovvero che l’apertura dell’art. 80, comma 5, lettera c) del Codice anche ad “altre sanzioni” -senza ulteriori specificazioni- rende la relativa causa di criticità potenzialmente ravvisabile anche nel caso dell’irrogazione di una penale contrattuale (come nel caso oggetto del giudizio).Ciò premesso, possono essere considerate come “altre sanzioni” anche l’incameramento delle garanzie di esecuzione o l’applicazione di penali, fermo che la sola applicazione di una clausola penale non è di per sé sintomo di grave illecito professionale, specie nel caso di applicazione di penali in misura modesta. Se, pertanto, in relazione ad un pregresso contratto, non si sono prodotti tali effetti giuridici (risoluzione anticipata “definitiva” perché non contestata ovvero confermata in giudizio, penali, risarcimento, incameramento della garanzia), un eventuale “inadempimento contrattuale” non assurge, per legge, al rango di “significativa carenza”.Se è vero che tra le “altre sanzioni” possono essere incluse anche le penali contrattuali, è parimenti veritiero che, senza la mediazione dell’Autorità giudiziaria, anch’essa per ragioni di garanzia per l’impresa, e senza il requisito della definitività o conferma giurisdizionale, le stesse non possono essere utilizzate per come causa da esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c) del Codice.Anche per le “altre sanzioni”, dunque, è implicita, nell’art. 80, comma 5, lettera c) del Codice, quella condizione della “non contestazione” o “definitività” che la norma espressamente impone per la risoluzione anticipata.
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