L’elencazione contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (rimasto invariato dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 56 del 19 aprile 2017) – nella parte in cui fa rientrare tra i “gravi illeciti professionali”, dei quali la stazione appaltante deve dimostrare “con mezzi adeguati” che l’operatore economico si sia reso colpevole, anche “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni” – ha carattere meramente semplificativo.E’ quanto ha statuito il Consiglio di Stato, precisando che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lett. c) del comma 5 dell’art. 80 è meramente esemplificativa, per come si evince sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione “con mezzi adeguati”, sia dall’incipit del secondo inciso (“Tra questi – (id est, gravi illeciti professionali – rientrano: […]”) che precede l’elencazione. La norma, oltre ad individuare, a titolo esemplificativo, gravi illeciti professionali rilevanti, ha anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione con “mezzi adeguati”.Ha aggiunto il Supremo consesso che “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione” rilevano “[…] se anche singolarmente costituiscono un grave illecito professionale ovvero se sono sintomatici di persistenti carenze professionali”, come specificato al punto 2.2.1.2 e delle linee guida ANAC n. 6 del 2016/2017; il successivo punto 2.2.1.3 delle stesse linee guida comprende nell’elencazione delle significative carenze rilevanti, tra le altre, il singolo inadempimento di una obbligazione contrattuale o l’adozione di comportamenti scorretti o il ritardo nell’adempimento.
La sussistenza e la gravità dell’inadempimento o del ritardo ovvero del comportamento scorretto ai fini dell’esclusione dalla gara sono dimostrate, per tabulas, ed obbligano all’esclusione, ogniqualvolta essi abbiano prodotto gli effetti tipizzati dalla norma; con la precisazione – contenuta al punto 2.2.1.1 delle dette linee guida – che costituisce mezzo adeguato di dimostrazione (da valutarsi a cura della stazione appaltante, ma non automaticamente escludente) anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento, prima che esso sia passato in giudicato. Siffatta ricostruzione della portata della norma, tuttavia, non comporta, a parere del Collegio, una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante della gravità di inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, siano tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente. Piuttosto, in tale eventualità – vale a dire quando esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco dell’art. 80, comma 5, lett. c) – la stazione appaltante dovrà adeguatamente motivare in merito all’esercizio di siffatta discrezionalità (che concerne la gravità dell’illecito, non la conseguenza dell’esclusione, che è dovuta se l’illecito è considerato grave) e dovrà previamente fornire la dimostrazione della sussistenza e della gravità dell’illecito professionale contestato con “mezzi adeguati”.La pronuncia ha escluso un contrasto di tale interpretazione con i principi comunitari. affermando che la Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, recepita con il nuovo codice dei contratti pubblici, all’art. 57 comma 4, nel prevedere le cause di esclusione facoltative di un concorrente, distingue diverse ipotesi, disponendo che: “4. Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici, di escludere dalla partecipazione alla procedura di appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni: […omissis…] c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità; […omissis…]; g) se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore, o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili; […]”.Sebbene con la direttiva siano state delineate due distinte cause di esclusione facoltative, assoggettate a due differenti regimi probatori, non appare incompatibile la scelta compiuta dal legislatore italiano che ha disciplinato l’esclusione per grave illecito professionale in termini di obbligatorietà ed ha costruito la figura come un genus (pressoché coincidente con la causa di esclusione individuata dall’art. 57, comma 4, lett. c), della direttiva) all’interno della quale è possibile collocare le più diverse fattispecie, alcune delle quali sono esemplificate nello stesso art. 80, comma 5 (con inclusione nell’elenco di ipotesi che la direttiva ha considerato separatamente).La scelta del Codice dei contratti pubblici, oltre a non contrastare con la previsione dell’art. 57, comma 4, della direttiva (che, d’altronde, contempla ipotesi escludenti facoltative) è conforme ai principi desumibili dal considerando 101 della stessa direttiva.
In particolare, rileva l’indicazione ivi contenuta che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, tra l’altro a causa di grave violazione dei doveri professionali (col chiarimento che “una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto”) e rileva altresì il riconoscimento alle amministrazioni aggiudicatrici della “facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi”.In coerenza con la giurisprudenza della Corte di Giustizia formatasi sulla previgente direttiva del 2004/18/UE, del 31 marzo 2004, art. 45 (cfr., per tutte, la sentenza 14 dicembre 2016, in causa C-171/15) il considerando 101 si conclude con esplicito richiamo del principio di proporzionalità, al fine di escludere qualsivoglia automatismo nei confronti della stazione appaltante, consentendole di esercitare, sia pure entro limiti definiti, i propri poteri discrezionali nella valutazione della sussistenza dell’elemento fiduciario nella controparte contrattuale.
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