Il Consiglio dei Ministri nella seduta n. 48 del 28 febbraio 2019 ha approvato un disegno di legge recante “Delega al Governo per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici”; di fatto un disegno di legge delega della stessa natura della legge 28 gennaio 2016,n. 11 recante “Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.È vero che il disegno di legge delega approvato dall’attuale Governo il 28 febbraio non ha fatto ancora i passaggi parlamentari per essere trasformato in legge dello Stato ma, se il testo non avrà significative modifiche in Parlamento, sarebbe propedeutico ad un decreto legislativo delegato con poche regole per il fatto stesso che, invece, la legge delega n. 11/2016 fu approvata definitivamente dal Parlamento con una serie di paletti che non vengono, adesso inseriti in questo nuovo disegno di legge delega. Tra l’altro è l’incipit stesso del disegno di legge delega che non è chiaro perché sembra che il Governo non abbia le idee chiare su cosa fare per il fatto stesso che la delega sarebbe così ampia da consentire o l’adozione di un nuovo Codice dei contratti o la modifica dell’attuale ed, infatti, è riportato, testualmente, nella parte terminale del comma 1 dell’articolo 1 dello schema di provvedimento “adottando un nuovo codice dei contratti pubblici in sostituzione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, ovvero modificandoli per quanto necessario”. La differenza dell’impostazione è di notevole importanza per il fatto stesso che i principi ed i criteri direttivi non possono essere gli stessi nei due casi che sono alternativi. Se si parla di una modifica occorre precisare quali sono i paletti per detta modifica mentre se si parla di un nuovo codice dei contratti si tratterebbe di partire da zero ed i principi e criteri direttivi devono essere, ovviamente, più dettagliati del tipo di quelli contenuti nella legge n. 11/2016.Per fare un esempio, con i principi e criteri direttivi attualmente inseriti nel ddl delega approvato dal Governo, se lo stesso decidesse per un nuovo codice dei contratti, non vi sarebbe alcun paletto relativamente su molteplici ambiti tra i quali, per esempio, quelli:
ed il Governo potrebbe decidere in piena autonomia ed in libertà senza alcun passaggio dalle aule di Camera e Senato.I principi e criteri direttivi riscontrabili nel comma 2 dell’articolo 1 nel disegno di legge delega approvato dal Governo vanno dalla lettera a) alla lettera z) e sono 21 mentre quelli dell’articolo 1, comma 1 della legge n. 11/2016 vanno dalla lettera a) alla lettera sss) e sono 59.D’altra parte con gli i principi e criteri direttivi presenti nel testo approvato dal Governo, se lo stesso decidesse di adottare un nuovo Codice dei contratti, avrebbe la più ampia libertà di decidere su alcuni aspetti fondamentali senza alcun paletto e senza che il Parlamento possa intervenire sui successivi decreti legislativi delegati in quanto basterebbe che gli stessi rispettino i criteri della legge delega. Ecco come è fondamentale legare i principi e criteri direttivi alla tipologia di azione principale che non può essere alternativa: occorre sin dall’inizio decidere se si vuole sostituire o se si vuole semplicemente modificare l’attuale codice dei contratti: noi, come abbiamo avuto più volte modo di affermare siamo per la prima soluzione perché ci sembrerebbe errato gettare a mare tutte le esperienze fatte in questi ultimi 3 anni e ricominciare da zero.Nel testo del disegno di legge delega predisposto dal Governo manchino i passaggi contenuti nell’articolo 1, comma 2 della legge n. 11/2016 in cui era precisato che “Nell’esercizio delle deleghe di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri coordina, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentita l’ANAC, lo svolgimento delle consultazioni delle principali categorie di soggetti pubblici e privati destinatari della nuova normativa”.Mentre, quindi, il Governo non è certo se sia necessario riscrivere il Codice o modificare quello attualmente vigente, al comma 7 dell’articolo 1 del ddl delega approvato dal Governo è precisato che la soft law dell’ANAC va in pensione e che si tornerà ad un unico Regolamento per dettare la disciplina esecutiva ed attuativa in particolare nelle seguenti materie:
E’ necessario rivedere profondamente il testo del disegno di legge delega approvato dal Governo partendo dal dato certo di una scelta tra nuovo codice o revisione di quello attualmente vigente in quanto, come già evidenziato, i principi e criteri direttivi non possono essere uguali per tutte e due le soluzioni.
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