Secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 3/2016) , i soggetti sottoposti a interdittiva antimafia non solo non possono beneficiare di erogazioni da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dell’Unione Europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ma tale divieto si applica anche qualora essi vantino un diritto di credito di natura risarcitoria, riconosciuto da sentenza passata in giudicato successiva al provvedimento di interdittiva.
E’ quanto stabilito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3 del 6 aprile 2018, che si è espressa sull’interpretazione dell’art. 67 del d.lgs. 159/2011.La questione sottoposta al vaglio dell’Adunanza Plenaria riguardava l’interpretazione dell’espressione “altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate” di cui all’art. 67, comma 1, lett. g) d.lgs. 159/2011.La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza di rimessione n.4078 del 28 agosto 2017, ha rimesso all’attenzione del Plenum un quesito in ordine alla possibilità di un’interpretazione estensiva della norma citata anche ai casi in cui l’Amministrazione avrebbe dovuto versare, a titolo risarcitorio, a favore dell’impresa somme definitivamente accertate in sede processuale in forza di una sentenza passata in giudicato successivamente alla adozione del provvedimento di interdittiva anche qualora il fatto impeditivo non sia stato eccepito dall’amministrazione nel giudizio risarcitorio in quanto conosciuto solo successivamente.L’A.P. ha sostanzialmente seguito l’orientamento della Sezione rimettente, specificato la natura cautelare, preventiva, ma comunque temporanea della misura interdittiva, in quanto tale provvedimento deve contemperare esigenze di salvaguardia dell’ordine pubblico, della sicurezza pubblica, con l’intento di prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese.Si legge, infatti: “Il provvedimento di c.d. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale (in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione) e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto – persona fisica o giuridica – è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159”.Ciò avviene perché un imprenditore colpito dal provvedimento perde la fiducia delle istituzioni e perde la capacità di instaurare qualsiasi rapporto di natura contrattuale, né per lo stesso motivo può essere beneficiario di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”.L’A.P. ha quindi ribadito che ciò non deroga affatto al principio di intangibilità del giudicato, in quanto l’Amministrazione non viene definitivamente liberata dall’obbligazione in forza del provvedimento di interdittiva, ma il privato interdetto semplicemente non ha “capacità giuridica” per percepire le somme dovute a titolo risarcitorio.Si tratta, ad ogni modo, di una incapacità parziale ma “temporanea”, in quanto l’impresa può benissimo riacquistarla mediante la successiva emanazione della conseguente misura prefettizia con efficacia riabilitativa.
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