Iscrizione white list: quando è obbligatoria?

Iscrizione white list: quando è obbligatoria?

Un operatore economico può partecipare a una gara pubblica anche se non è iscritto alla white list prefettizia? Quali margini ha l’appaltatore per esternalizzare attività accessorie, come la ristorazione, senza incorrere nel divieto di subappalto non autorizzato? Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 28 marzo 2025, n. 2622, offre un chiarimento rilevante per stazioni appaltanti e operatori economici, distinguendo nettamente tra subappalto e contratto continuativo di cooperazione.

Iscrizione alla white list: non obbligatoria per prestazioni secondarie

Nel caso affrontato da Palazzo Spada, un OE ha impugnato l’aggiudicazione di una procedura per l’affidamento di un servizio educativo contestando il mancato possesso, da parte del costituendo RTI aggiudicatario, dell’iscrizione alla white list prefettizia.
Secondo la ricorrente, tale iscrizione era obbligatoria in quanto l’appalto includeva prestazioni di ristorazione, attività ricompresa tra quelle a rischio di infiltrazione mafiosa ex art. 1, comma 53, L. 190/2012. Tuttavia, il RTI aggiudicatario aveva affidato tali prestazioni a un soggetto terzo, iscritto alla white list, tramite un contratto di cooperazione continuativa stipulato prima della procedura di gara.

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, confermando la legittimità dell’aggiudicazione. Secondo i giudici, l’iscrizione nella white list costituisce un requisito soggettivo di partecipazione solo quando l’attività principale oggetto dell’appalto rientra tra quelle individuate dalla L. 190/2012.

Nel caso in esame, l’attività di ristorazione era una prestazione secondaria, inserita nell’organizzazione del servizio educativo e non costituiva l’oggetto principale dell’appalto.

Il contratto continuativo di cooperazione stipulato dall’aggiudicatario con un soggetto iscritto alla white list era pienamente legittimo e non qualificabile come subappalto, poiché:

  • le prestazioni erano dirette verso l’affidatario, non verso la PA;
  • l’affidatario restava responsabile dell’organizzazione e dei rischi gestionali.

Inoltre, non sussistevano i presupposti per eterointegrare la lex specialis, ossia per inserire ex post un requisito di partecipazione non espressamente previsto nei documenti di gara.

Subappalto e contratti continuativi: cosa prevede il Codice Appalti

Il fulcro giuridico risiede nell’art. 119, comma 3, lett. d), del d.lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), che disciplina i contratti continuativi di cooperazione, servizio o fornitura.

Tali contratti si distinguono dal subappalto perché riguardano prestazioni secondarie o accessorie e sono diretti all’affidatario, non alla stazione appaltante.
La norma prosegue la linea già tracciata dal precedente art. 105, comma 3, lett. c-bis) del D.lgs. 50/2016 (modificato dal D.lgs. 56/2017), recependo anche gli orientamenti giurisprudenziali che negano l’automatica sovrapposizione tra “affidamento a terzi” e “subappalto”.

 

Quando non serve l’iscrizione alla white list

Il ricorso è stato quindi respinto: spiegano quindi i giudici d’appello che l’iscrizione alla white list è richiesta solo se l’attività principale oggetto dell’appalto rientra nell’elenco dell’art. 1, comma 53, L. 190/2012.

Le prestazioni secondarie (come in questo caso quella di ristorazione), possono essere affidate con contratti continuativi a soggetti iscritti alla white list. Da questo punto di vista, è essenziale che il contratto continuativo sia stipulato prima della gara e che le prestazioni siano rivolte all’appaltatore.

Infine, non è subappalto se il soggetto terzo non assume l’organizzazione e i rischi dell’appalto. Resta fermo, però, l’obbligo di verifica sulla regolarità del soggetto esecutore delle attività a rischio, che deve essere iscritto alla white list al momento della stipula del contratto di appalto.

 

lavoripubblici

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