Con il decreto Sblocca cantieri, si è deciso sperimentalmente di sospendere (o derogare) l’efficacia di molte (ben 53) disposizioni normative del Codice degli appalti pubblici. Dall’analisi delle norme emerge, fra gli istituti giuridici più significativamente derogati, la disciplina vincolistica del subappalto. Il legislatore, con l’intento di sbloccare i cantieri di opere, lavori e servizi pubblici, ha congelato e rimosso pro tempore molti dei limiti posti all’utilizzo del subappalto. Sorge più di un dubbio sull’efficacia della misura: i vincoli che restano (comunque numerosi) basteranno a garantire legalità e tutele?
Con lo scopo di sbloccare i cantieri per la realizzazione di opere pubbliche e rilanciare gli investimenti in un settore produttivo di centrale importanza per il paese, tentando così, almeno in parte, di spingere un’economia stagnante se non proprio recessiva, si è deciso, sperimentalmente, di sospendere (o derogare) l’efficacia di molte (ben 53) disposizioni normative del D.Lgs. n. 50/2016 in materia di appalti pubblici. Emanate nel 2016 e poi ampiamente modificate nel 2017 con l’evidente intento di accrescere legalità, trasparenza, imparzialità, efficacia, efficienza e contrastare la corruzione nell’azione amministrativa, tali regole vengono evidentemente ritenute, nella situazione economica attuale, troppo rigide e di difficile gestione, soprattutto a livello di tempistiche autorizzative per l’avvio degli appalti pubblici di opere, servizi e forniture e, di conseguenza, private tout court di efficacia per un biennio (2019-2020). Poi, risultati economico-giuridici alla mano (soprattutto ricorsi e contenzioso), si vedrà se mantenere o meno la sospensione per ulteriori periodi.
Dalla lettura del decreto legge n. 32, battezzato appunto “sblocca cantieri”, convertito con modificazioni dalla legge n. 55/2019, emerge, tutt’altro che a caso, fra gli istituti giuridici più significativamente derogati, la disciplina vincolistica del subappalto e su questa concentreremo la nostra attenzione.
Non c’è dubbio che nell’esecuzione di opere e lavori pubblici il subappalto, ancorché sovente tecnicamente e funzionalmente necessario, sia sempre stato fonte potenziale (quasi certa) di abusi e illegalità, di infiltrazioni della criminalità organizzata e di aggiramento di divieti economico-giuridici, di interposizione fraudolenta di manodopera e, comunque, di irregolarità nella tutela dei lavoratori.
E’ per questa ragione che nel codice dei contratti pubblici al subappalto e fattispecie contigue il legislatore riserva una disciplina piuttosto rigida e restrittiva a partire dalle previsioni generali di esecuzione in proprio da parte dei soggetti affidatari dei contratti per la realizzazione di opere, lavori, servizi e forniture, di incedibilità del contratto (a pena di nullità salvo quanto previsto dalla lett. d), co. 1, art. 106), di ammissibilità condizionata del subappalto (art. 105, co. 1), ma, soprattutto, dalla definizione, a carattere speciale rispetto a quella codicistica generale, contenuta al co. 2 dello stesso articolo da ultimo citato, siccome novellato dal D.Lgs. n. 56/2017.
Il legislatore, infatti, ha definito subappalto, che potremo rubricare “pubblico”, “il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”. In seguito alla novella del 2017 la definizione di cui sopra è stata, potremmo dire per equivalenza analogica, decisamente ampliata stabilendo che “costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare”.
Si tratta, con tutta evidenza, di una definizione aperta (forse troppo) dal punto di vista tipologico ma chiusa da quello economico, nella quale le fattispecie delle forniture con posa in opera e dei noli a caldo risultano meramente esemplificative ancorché assai rilevanti e problematiche (ad esempio in materia di tutela del lavoro in generale e salute e sicurezza dei lavoratori in particolare) negli appalti pubblici.
In ogni caso, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.
Nella delimitazione del subappalto occorre, tuttavia, considerare anche i subcontratti che non sono subappalti, ossia le categorie di forniture o servizi di cui all’elencazione del co 3 (ad esempio i contratti d’opera stipulati con lavoratori autonomi per specifiche attività); per tali subcontratti si prevede un obbligo di comunicazione alla stazione appaltante prima dell’inizio della prestazione.
E’ proprio dal congelamento di questa definizione e della relativa disciplina che (superficialmente e in modo spiccio) muove il governo per sbloccare i cantieri per la realizzazione delle opere pubbliche; infatti il co. 18 dell’art. 1 del D.L. n. 32 convertito dalla legge n. 55/2019, stabilisce che, in attesa di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, fino al 31 dicembre 2020, “in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Fino alla medesima data di cui al periodo precedente, sono altresì sospese l’applicazione del comma 6 dell’articolo 105 e del terzo periodo del comma 2 dell’articolo 174, nonché le verifiche in sede di gara, di cui all’articolo 80 del medesimo codice, riferite al subappaltatore”.
Dall’analisi della norma emergono, immediatamente, due modifiche strategiche:
· la deroga al co. 2 dell’art. 105, ossia la sospensione di efficacia della definizione tipologica ed economica “speciale” di subappalto “pubblico”;
· la fissazione del limite di ammissibilità del valore del subappalto non più al 30 bensì al 40% dell’importo complessivo delle opere, dei servizi, della fornitura da appaltare.
In relazione alla prima correzione è possibile rilevare che con essa il subappalto pubblico torna sostanzialmente a collocarsi all’interno della disposizione “generale” di cui all’art. 1656 c.c., con la conseguenza che i contratti aventi ad oggetto attività le quali richiedono l’impiego di maestranze, in particolare, le forniture con posa in opera e noli a caldo, non dovranno più essere considerati necessariamente subappalti, bensì contratti di integrazione funzionale comunque non rientranti nei limiti del 40%.
A quanto sopra deve, inoltre, aggiungersi che le informazioni (e le loro variazioni) relative ai subcontratti indicati al co. 3, non dovranno più essere comunicati alla stazione appaltante prima dell’inizio della prestazione e durante la stessa, così come non dovrà più essere acquisita una nuova autorizzazione integrativa nel caso di: variazioni dell’oggetto, incremento dell’importo o cambiamento dei requisiti di qualificazione del subappalto.
In relazione alla seconda correzione, il legislatore, fatta salva la previsione del co. 5 in relazione all’art. 89 co. 11, ossia l’esclusione dell’avvalimento nei confronti di opere per le quali sono necessarie prestazioni o componenti di notevole contenuto tecnologico o di complessità tecnica rilevante, quando il valore dell’opera supera il 10% dell’importo totale dei lavori (prescrizione che, quindi, rimane in vigore), sceglie di consentire un ricorso molto più ampio al subappalto derogando alla regola generale circa il limite dello stesso rispetto all’importo complessivo del contratto d’appalto.
Si tratta di un innalzamento significativo della soglia di ammissibilità del subappalto, scelta criticata (anche dal dimissionario presidente dell’ANAC) e criticabile in ragione dei ben noti fenomeni di fraudolenza e illegalità di cui si è precedentemente detto ma che rappresenta ormai uno strumento utilizzabile (e, presumibilmente, abbondantemente utilizzato) dalle stazioni appaltanti a monte nel bando di gara e conseguentemente, a valle, dagli affidatari dei lavori, servizi e forniture pubblici.
Ma le sospensioni della disciplina limitativa del ricorso al subappalto non finiscono qui, giacché quelle contenute nell’ultimo periodo del co. 18 dell’art. 1 dello “sbloccacantieri”, combinate con le precedenti, risultano ancora più discutibili (e preoccupanti).
Fino al 31 dicembre 2020 è, infatti, sospesa l’applicazione del co. 6 dell’art. 105, del terzo periodo del co. 2 dell’art. 174 e, soprattutto, delle verifiche di cui all’art. 80 nei confronti dei subappaltatori.
Vediamo di cosa si tratta.
La sospensione del co. 6 dell’art. 105 determina l’esclusione dell’obbligatoria indicazione, in sede di offerta, della terna di subappaltatori nei due casi previsti:
· appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 (soglie di rilevanza comunitaria del valore stimato degli appalti);
· appalti aventi ad oggetto le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa (così come individuate al co. 53 dell’art. 1 della l. n. 190/2012), indipendentemente dall’importo a base di gara.
L’esclusione dell’indicazione della terna dei subappaltatori rileva anche nei riguardi:
· degli appalti aventi ad oggetto più tipologie di prestazioni (la norma infatti prevede l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori con riferimento a ciascuna tipologia di prestazione omogenea prevista nel bando di gara);
· degli appalti sotto le soglie di cui all’articolo 35 per i quali non sono più richieste, prima della stipula del contratto, né le indicazioni circa le modalità e le tempistiche per la verifica delle condizioni di esclusione di cui all’art. 80 nei confronti dell’appaltatore e i dei subappaltatori, né l’indicazione dei mezzi di prova richiesti, per la dimostrazione delle circostanze di esclusione per gravi illeciti professionali come previsti dal co. 13 dell’art. 80;
· allo stesso modo, in forza della sospensione di cui al terzo periodo del co. 2 dell’art. 174, è sospesa l’obbligatorietà dell’indicazione della terna dei subappaltatori anche per quanto riguarda le concessioni di lavori, servizi e forniture.
Inoltre, con il blocco dell’obbligo delle verifiche, in sede di gara, di quanto stabilito nell’art. 80 circa i motivi di esclusione dell’operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto o concessione, chi concorre all’affidamento dell’appalto o della concessione non dovrà più dimostrare l’assenza in capo ai suoi subappaltatori delle molteplici ipotesi di condanna con sentenza definitiva, decreto penale di condanna irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta per numerosi reati (fra i quali meritano menzione quelli riconducibili alla partecipazione a un’organizzazione criminale, al riciclaggio di proventi di attività criminose, allo sfruttamento del lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani, come pure quelli relativi alla commissione di gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro nonché quelli relativi alle sanzioni interdittive dell’art. 9, co. 2, lett. c) del D.Lgs. n. 231/2001 e dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008).
Ne consegue che tutti i motivi di esclusione previsti dall’art. 80, fino al 31 dicembre 2020, avranno efficacia solo nei confronti di chi formalmente si candita quale appaltatore o concessionario e non anche dei subappaltatori a cui egli funzionalmente affida l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto o di concessione.
L’indagine svolta sull’intervento normativo che, con l’intento di sbloccare i cantieri di opere, lavori e servizi pubblici, ha congelato e rimosso pro tempore molti dei limiti posti all’utilizzo del subappalto, lascia più di un dubbio sulla bontà e sull’efficacia della misura, anche se, pur ridimensionati, i vincoli e i controlli restano, comunque, numerosi e importanti come, ad. es., quelli posti a tutela della retribuzione e contribuzione della manodopera come previsto dai CCNL, dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e della salute e sicurezza dei lavoratori nonché quelli che prevedono la generale responsabilità solidale dell’affidatario in merito a dette tutele: chissà se basteranno a garantire legalità e anticorruzione o se dovranno anch’essi essere sospesi per far ripartire i lavori pubblici che, almeno per ora, sembrano, purtroppo, ancora fermi.
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